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  • Avv. Stefano Paloschi

Favoreggiamento della permanenza illegale non configurabile in caso di rinnovo del p.d.s.

Aggiornamento: 1 set 2020

Il delitto di favoreggiamento della permanenza illecita di stranieri non può che configurarsi in favore di soggetti irregolari, e tali non sono gli stranieri titolari di permesso di soggiorno in scadenza.

Inoltre, l’inganno non riuscito del pubblico ufficiale non basta per il tentativo di falso mediante induzione in errore.


La fattispecie di cui all’art. 12 co. 5 d.lgs. 286/1998 punisce chi, fuori dai casi “tipici” di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, di cui ai commi 1 e 3 della medesima disposizione di legge, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, «al fine di trarre profitto dalla condizione di illegalità dello straniero... favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente Testo Unico».

Il presupposto della condotta è dunque che, al momento in cui è posta in essere la condotta “agevolatrice”, lo straniero “favorito” sia illegale — in relazione alla normativa che regola l’ingresso e la permanenza dei cittadini extracomunitari nel territorio dello Stato — e cioè “clandestino”.

Facilmente individuabile è la ratio alla base di tale limitazione legislativa.

Sebbene la giurisprudenza di legittimità abbia costantemente affermato, all’indomani dell’abrogazione della fattispecie di cui all’art. 12 comma 1 l. 30 dicembre 1986, n. 943 (che puniva l'impiego in condizione illegale di lavoratori immigrati al fine di favorirne lo sfruttamento) ad opera del testo unico sulla disciplina dell'immigrazione (d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286), che il bene giuridico tutelato dall’art. 12 comma 5 del citato testo unico è la regolamentazione dei flussi di immigrazione nel territorio italiano e non la salvaguardia delle condizioni dello straniero lavoratore (come era per la vecchia normativa: Cass., sez. I, 20 novembre 2011, n. 6487), deve ritenersi che non sia estraneo nemmeno alla nuova fattispecie l’aspetto della tutela del soggetto “debole” del rapporto, ossia lo straniero.

Ne costituisce riscontro proprio la previsione del dolo specifico rappresentato “dal fine di trarre ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero”, che richiede la dimostrazione che l’autore del reato abbia tratto indebito vantaggio dall’altrui condizione di c.d. contraente debole, imponendo condizioni onerose e/o esorbitanti dell’equilibrio del rapporto sinallagmatico (cfr., fra le altre, Cass., sez. I, 16 ottobre 2003, n. 46066).

Un simile squilibrio si instaura più facilmente proprio quando il “favorito” è un soggetto totalmente irregolare sul territorio nazionale, e dunque disposto ad accettare condizioni particolarmente gravose per rimanere in Italia; condizione del tutto diversa da chi un titolo di soggiorno lo abbia già e debba soltanto ottenerne il rinnovo sulla base di una delle molteplici causali previste dalla normativa in materia (ad esempio, per ragioni di studio, per attesa occupazione, per motivi familiari, religiosi, umanitari, etc.).

D'altra parte, lo stesso bene giuridico costituito da “l'interesse dello Stato a regolamentare i flussi migratori” può dirsi ben più intensamente offeso (nelle forme della lesione effettiva o della semplice messa in pericolo), nel caso in cui venga aiutato a permanere sul territorio nazionale un soggetto che non abbia alcun titolo a soggiornarvi, rispetto al caso in cui invece il “favorito” sia regolare al momento in cui la condotta viene realizzata, mentre la scadenza del suo titolo abilitativo sia un evento futuro ed (in una certa misura) pure incerto.




La conseguenza è che le condotte poste in essere da parte di chi confezioni documenti attestanti circostanze non rispondenti al vero (quali ad esempio la sussistenza di un rapporto di lavoro) al fine di consentire non già l’ingresso ovvero la “regolarizzazione” di uno straniero irregolare, bensì il mero rinnovo di un titolo di soggiorno esistente ed ancora efficace (ancorché in scadenza) non valgono ad integrare la fattispecie di cui al comma 5 dell’art. 12 della l. 286/98 (c.d. Bossi-Fini).

Tali considerazioni hanno indotto il Tribunale di Brescia ad assolvere più imputati accusati del delitto di favoreggiamento della permanenza illegale attraverso condotte quali quelle sopra descritte, non ritenendo che le stesse fossero sussumibili nel portato della fattispecie incriminatrice.

Ulteriore riflessione degna di nota offerta dalla sentenza riguarda le ulteriori contestazioni, mosse ai medesimi imputati ed a numerosi cittadini extracomunitarî, di “tentativo di falso mediante induzione in errore del pubblico ufficiale” (artt. 56, 48, 476, 479 c.p.).

Appare opportuno precisare che l’art. 48 c.p. (“Errore determinato dall’altrui inganno”) vada letto in combinato con l’art. 47 c.p. (“Errore di fatto”).

Quest’ultimo articolo prevede che “l’errore sul fatto che costituisce il reato esclude la punibilità dell’agente. Nondimeno, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo”.

Tralasciando percorsi di approfondimento circa la distinzione tra “errore di fatto” ed “errore di diritto”, si riporta come l’art. 48 c.p. preveda che “le disposizioni dell’articolo precedente si applicano anche se l’ errore sul fatto che costituisce il reato è determinato dall’altrui inganno; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona ingannata risponde chi l’ha determinata a commetterlo”.

Per la giurisprudenza della Suprema Corte, tale norma rappresenta una forma di reità mediata, ossia un caso particolare di esclusione della punibilità con sostituzione della responsabilità dell'autore mediato, di colui cioè che si serva per commettere un reato (c.d. decipiens: autore mediato), di altro soggetto come strumento (c.d. deceptus: autore immediato), inducendolo in errore mediante artificio od altro mezzo atto a sorprenderne la buona fede e a determinarlo a commettere il fatto reato.

Il delitto tentato (art. 56 c.p.), invece, mira a punire tutte le condotte del soggetto attivo allorquando la sua intenzione criminosa si sia effettivamente tradotta in un comportamento di esecuzione del reato (ovvero in una fase successiva alla mera ideazione e a partire da atti di organizzazione che abbiano trovato manifestazione concreta nella realtà fattuale) tale che gli atti commessi si presentino idonei a realizzare la fattispecie criminosa determinando così la probabile (ed imminente) lesione del bene protetto dalla norma incriminatrice. Il tentativo, dunque, consiste nella volontà a commettere un reato a condizione che tale volontà si traduca in una azione diretta a commettere il reato programmato, azione che tuttavia rimane senza successo per cause indipendenti o dipendenti (è il caso della c.d. desistenza volontaria) dalla volontà del soggetto agente.

Gli atti di cui sopra devono essere idonei (requisito della “idoneità”) a realizzare il reato ovvero atti a porre – quantomeno – in pericolo il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice, in ossequio alla c.d. teoria oggettiva secondo la quale il fondamento politico criminale della punibilità del tentativo è costituito dall’esposizione a pericolo dei beni protetti. Dal punto di vista oggettivo il tentativo incide in maniera più limitata sui diritti della vittima costituendo una lesione di grado inferiore rispetto alla consumazione del reato e, da, qui, il Legislatore ha previsto un trattamento sanzionatorio più lieve rispetto al delitto consumato.

Nel caso di reità mediata e contestazione del delitto tentato, è bene non incorrere in errori e tenere ben distinte le due fasi: altro è l’induzione in errore, altro è il tentativo di falso.

Una distinzione che pare sfuggita nel caso concreto alla Procura, ma non al Tribunale.

Il comportamento che assurge avere importanza penale, infatti, non è certamente l’induzione in errore (riuscita o meno) del pubblico ufficiale (che potrebbe semmai costituire diverso reato), bensì se quest’ultimo – a seguito dell’inganno del decipiens – ponga o meno in essere degli atti idonei e diretti in modo non equivoco all'adozione di un provvedimento ideologicamente falso.

Laddove pertanto, a seguito della presentazione da parte del cittadino (extracomunitario o meno) di documentazione attestante fatti non veritieri, il pubblico ufficiale non assuma qualsivoglia iniziativa, anche di istruzione della pratica, non può ritenersi integrato il tentativo di falso in atto pubblico mediante induzione in errore del pubblico ufficiale.



 

n. 4281/2017 R.G.Mod.16

n. 11901/2015 R.G.N.R.

Sentenza n. 977

del 16 giugno 2020

depositata il 07/07/2020

REPUBBLICA ITALIANA

in nome del Popolo Italiano

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI BRESCIA

Sezione II Penale

In composizione Collegiale:

Presidente dott.ssa Angela CORVI- est.

Giudice dott. Vincenzo NICOLAZZO

Giudice dott.ssa Anna Luisa DI SERAFINO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa penale a carico di:

M.M., nato a (omissis) in data (omissis), residente a (omissis).

Difeso d’ufficio dall’avvocato Daria Schiavi del foro di Brescia.

LIBERO ASSENTE


J.A., nato in (omissis) in data (omissis) elettivamente

domiciliato presso lo studio dell’avvocato Rossella Repetti del foro di Brescia

Difeso di fiducia dall’avvocato Biagio Agrisano del foro di Lagonegro.

LIBERO ASSENTE


R.T., nato in (omissis) in data (omissis), elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato Antonio Furlan del foro di Brescia.

Difeso d’ufficio dall’avvocato Giovanni Auditore del foro di Brescia.

LIBERO ASSENTE


M.A., nato in (omissis) in data(omissis), elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore Stefano Paloschi.

Difesa di fiducia dall’avvocato Stefano Paloschi e dall’avvocato Valeria Zito entrambi del foro di Brescia.

LIBERO ASSENTE


R.A.C., nato nel (omissis) in data (omissis), elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore.

Difeso di fiducia dall’avvocato Giuseppe Pesce del foro di Brescia.

LIBERO PRESENTE


A.H., nato in (omissis) in data (omissis), domicilio dichiarato in (omissis).

Difeso di fiducia dall’avvocato CosmoPellegrino del foro di Napoli.

LIBERO ASSENTE

V.M., nato in (omissis) in data (omissis), residente in (omissis).

Difeso di fiducia dall’avvocato Valeria Zito e dall’avvocato Stefano Paloschi entrambi del foro di Brescia.

LIBERO ASSENTE

F.K., nato (omissis) in data (omissis), domicilio dichiarato in (omissis).

Difeso di fiducia dall’avvocato Sergio Pezzucchi del foro di Brescia.

LIBERO ASSENTE


H.R., nato a (omissis) in data (omissis), elettivamente domiciliato presso il difensore.

Difeso di fiducia dall’avvocato Germana Giacobbe del foro di Brescia.

LIBERO GIA’ PRESENTE


D.R., nato a (omissis) in data (omissis), elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore.

Difeso di fiducia dall’avvocato Domenico Servillo del foro di Brescia.

LIBERO ASSENTE


G.G., nato in (omissis) in data (omissis), elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore.

Difeso di fiducia dall’avvocato Francesco Pistoia del foro di Brescia.

LIBERO ASSENTE


D.R., nato in (omissis) in data (omissis), domicilio dichiarato in (omissis).

Difesa di fiducia dall’avvocato Francesca Pontoglio del foro di Brescia.

LIBERO ASSENTE


M.E.H., nato in (omissis) in data (omissis), domicilio dichiarato in (omissis).

Difeso di fiducia dall’avvocato Cosmo Pellegrino del foro di Napoli.

LIBERO ASSENTE


E.H.H., nato in (omissis) in data 9 febbraio 1979, elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore.

Difeso di fiducia dall’avvocato Luciano Garatti del foro di Brescia.

LIBERO GIA’ PRESENTE


E.Q.N., nata in (omissis) in data (omissis) elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore.

Difesa di fiducia dall’avvocato Andrea Bianchetti del foro di Brescia.

LIBERA GIA’ PRESENTE


R.E., nata in (omissis) in data (omissis), elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato Gianfranco Abate del foro di Brescia.

Difesa di fiducia dall’avvocato Pietro Ferrari del foro di Bergamo.

LIBERA ASSENTE


H.N., nato in (omissis) in data (omissis), elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore.

Difeso di fiducia dall’avvocato Francesco Pistoia del foro di Brescia.

LIBERO ASSENTE

IMPUTATI

(unitamente a D.M., per cui si procedeva separatamente)


D.M. e R.A.K. e M.M. (nonché R.E.A. per il quale si è proceduto separatamente):

1) delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 2 e 12 comma 5 D.Lvo 25 luglio 1998 n. 286, perché, in concorso tra loro, in particolare:

- M.M., in qualità di amministratore unico della M**-P**** s.r.l., in realtà mera testa di legno che si prestava a sottoscrivere tutte le pratiche di rinnovo e tutti i documenti ad esse funzionali per un compenso pattuito con il Ri. di € 800,00 mensili;

- R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

- D.M., ragioniere-commercialista che si occupava di redigere, dietro compenso, le buste paga falsa, i falsi contratti di lavoro, di inviare le false comunicazioni al Centro per l'Impiego ed all' I.N.P.S;

- R.E.A., ragioniere che, presso l'abitazione dei D.M., fino al novembre 2014, forniva la propria collaborazione nel redigere, dietro compenso, le buste paga falsa, i falsi contratti di lavoro, di inviare le false comunicazioni al Centro per l'Impiego ed all'I.N.P.S,

al fine di trarre l'ingiusto profitto dalla condizione di illegalità degli stranieri consistito nel locupletare il prezzo del reato, in violazione degli artt. 4, 5, 5-bis, 6, 9, 9-bis del D.lvo 286/1998, attraverso la predisposizione di contratti di lavoro fittizi emessi dalla M**-P**** s.r.l., società non più operativa dal marzo 2012, di buste paga fittizie emesse in nome della predetta società, fittizie comunicazioni al Centro per l'Impiego ed all'I.N.P.S., compivano atti diretti a favorire la permanenza nel territorio della Repubblica Italiana dei seguenti cittadini extracomunitari, con riferimento alla sola Provincia di Brescia:


(seguono generalità di 22 cittadini extracomunitarî)


Con l'aggravante di aver commesso il fatto in più di due persone e di aver permesso la permanenza nel territorio dello Stato di più di cinque persone.

Con l'aggravante per R.A.K. di avere romosso, organizzato e coordinato la cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, dal 29 aprile 2014 al 30 maggio 2015;


M.M., D.M. e R.A.K. (nonché R.E. e M.H. per i quali si è proceduto separatamente):

2) delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 26 48 e 479 in relazione all'art. 476 ult. co. C.p., perché, in concorso tra loro, in particolare:

- M.M., quale amministratore unico della M**-P**** s.r.l., società non più operativa dal marzo 2012 che si prestava, dietro compenso, a sottoscrivere tutti i contratti di lavoro fittizi:

- D.M., ragioniere-commercialista che provvedeva a formare la falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di ottenere il permesso di soggiorno;

- R.E.A., collaboratore di D.M. nella formazione della falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di ottenere il permesso di soggiorno;

- R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno:

- M.H., in qualità di cittadino extracomunitario fittiziamente assunto dalla M**-P**** s.r.l. e di richiedente il titolo di soggiorno, inducevano in errore il Questore di Brescia o, comunque, il funzionario delegato, che rilasciava a M.H. il permesso di soggiorno n. 105675518, ideologicamente falso in quanto fondato sull'inesistente presupposto dell'attività lavorativa svolta dallo straniero per la M**-P**** srl

Con l'aggravante di avere provocato l'emissione di un atto fide-facente ideologicamente falso.

Con l'aggravante per R.A.K. di avere promosso. organizzato e coordinato la cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, il 29 aprile 2014


M.M., D.M., R.A.K. (nonché R.E.A. e R.A. per i quali si è proceduto separatamente):

3) delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 2, 48 e 479 in relazione all'art. 476 ult. co. c.p., perché, in concorso tra loro, in particolare:

- M.M., quale amministratore unico della M**-P**** s.r.l.. società non più operativa dal marzo 2012 che si prestava, dietro compenso, a sottoscrivere tutti i contratti di lavoro fittizi;

- D.M., ragioniere-commercialista che provvedeva a formare la falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di ottenere il permesso di soggiorno;

- R.E.A., collaboratore di D.M. nella formazione della falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di ottenere il permesso di soggiorno;

- R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato,

in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

- R.A., in qualità di cittadino extracomunitario fittiziamente assunto dalla M**-P****

s.r.l. e di richiedente il titolo di soggiorno, inducevano in errore il Questore di Brescia o, comunque, il funzionario delegato, che rilasciava a R.A. il permesso di soggiorno n. 106379581, ideologicamente falso in quanto fondato sull'inesistente presupposto dell'attività lavorativa svolta dallo straniero per la M**-P**** s.r.l.

Con l'aggravante di avere provocato l'emissione di un atto fide-facente ideologicamente falso.

Con l'aggravante per R.A.K. di avere promosso, organizzato e coordinato la cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, il 9 maggio 2014.


M.M.. D.M., R.A.K. e F.K. (nonché R.E.A. per il quale si è proceduto separatamente):

4) delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 2, 48 e 479 in relazione all'art. 476 ult. co. c.p., perché, in concorso tra loro, in particolare:

- M.M., quale amministratore unico della M**-P**** s.r.l., società non più operativa dal marzo 2012 che si prestava, dietro compenso, a sottoscrivere tutti i contratti di lavoro fittizi;

- D.M., ragioniere-commercialista che provvedeva a formare la falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di ottenere il permesso di soggiorno;

- R.E.A., collaboratore di D.M. nella formazione della falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di ottenere il permesso di soggiorno;

- R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

- F.K., in qualità di cittadino extracomunitario fittiziamente assunto dalla M**-P****

s.r.. e di richiedente il titolo di soggiorno,

inducevano in errore il Questore di Brescia o, comunque, il funzionario delegato, che rilasciava a F.K. il permesso di soggiorno n. 105855240, ideologicamente falso in quanto fondato sull'inesistente presupposto dell'attività lavorativa svolta dallo straniero per la M**-P**** s.r.l.

Con l’aggravante di avere provocato l'emissione di un atto fide-facente ideologicamente falso.

Con l'aggravante per R.A.K. di avere promosso, organizzato e coordinato la cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, il 24 maggio 2014.


M.M., D.M., R.A.K. e V.M. (nonché R.E.A. peril quale si è proceduto separatamente):

5) delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 2, 48 e 479 in relazione all'art. 476 ult. co. c.p., perché, in concorso tra loro, in particolare:

- M.M., quale amministratore unico della M**-P**** s.r.l., società non più operativa dal marzo 2012 che si prestava, dietro compenso, a sottoscrivere tutti i contratti; di lavoro fittizi;

- D.M., ragioniere-commercialista che provvedeva a formare la falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di ottenere il permesso di soggiorno;

- R.E.A., collaboratore di D.M. nella formazione della falsa

documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di ottenere il permesso di

soggiorno;

- R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato,

in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

- V.M., in qualità di cittadino extracomunitario fittiziamente assunto dalla M**-P**** s.r.l. e di richiedente il titolo di soggiorno, inducevano in errore il Questore di Brescia o, comunque, il funzionario delegato, che rilasciava a V.M. il permesso di soggiorno n. 110042653, ideologicamente falso in quanto fondato sull'inesistente presupposto dell'attività lavorativa svolta dallo straniero per la M**-P**** s.r.l.

Con l'aggravante di avere provocato l'emissione di un atto fide-facente ideologicamente falso.

Con l'aggravante per R.A.K. di avere promosso. orsanizzato e coordinato la cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, il 10 ottobre 2014.


M.M., D.M., R.A.K. e M.A. (nonché R.E.A. per il quale si è proceduto separatamente):

6) delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 2, 48 e 479 in relazione all'art. 476 ult. co. c.p., perché, in concorso tra loro, in particolare:

- M.M., quale amministratore unico della M**-P**** s.r.l., società non più operativa dal marzo 2012 che si prestava, dietro compenso, a sottoscrivere tutti i contratti di lavoro fittizi;

- D.M., ragioniere-commercialista che provvedeva a formare la falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di ottenere il permesso di soggiorno;

- R.E.A., collaboratore di D.M. nella formazione della falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di ottenere il permesso di soggiorno;

- R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

- M.A., in qualità di cittadino extracomunitario fittiziamente assunto dalla M**-P**** s.r.l. e di richiedente il titolo di soggiorno,

inducevano in errore il Questore di Brescia o, comunque, il funzionario delegato, che rilasciava a il M.A. permesso di soggiorno n. 110058737, ideologicamente falso in quanto fondato sull'inesistente presupposto dell'attività lavorativa svolta dallo straniero per la M**-P**** s.r.l.

Con l'aggravante di avere provocato l'emissione di un atto fide-facente ideologicamente falso.

Con l'aggravante per R.A.K. di avere promosso, organizzato e coordinato la cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, il 24 novembre 2014.


M.M., D.M. e R.A.K. e A.H.

7) delitto di cui agli artt. 110, 48 e 479 in relazione all'art. 476 ult. co. c.p., perché, in concorso tra loro, in particolare:

- M.M., quale amministratore unico della M**-P**** s.r.l., società non più operativa dal marzo 2012 che si prestava, dietro compenso, a sottoscrivere tutti i contratti di lavoro fittizi;

- D.M., ragioniere-commercialista che provvedeva a formare la falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di ottenere il permesso di soggiorno;

- R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

- A.H., in qualità di cittadino extracomunitario fittiziamente assunto dalla M**-P**** s.r.l. e di richiedente il titolo di soggiorno,

inducevano in errore il Questore di Brescia o, comunque,il funzionario delegato, che rilasciava a il A.H. permesso di soggiorno n. 110120129, ideologicamente falso in quanto fondato sull'inesistente presupposto dell'attività lavorativa svolta dallo straniero per la M**-P**** srl.

Con l'aggravante di avere provocato l'emissione di un atto fide-facente ideologicamente falso.

Con l'aggravante per R.A.K. di avere promosso, organizzato e coordinato la cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, il 30 maggio 2015.


M.M., D.M. e R.A.K.

8) delitto di cui all'artt. 110, 112 n. 2 c.p. e 12 comma 3 lett. d) e comma 3-ter lett. a) e b) D.lvo 25 luglio 1998 n. 286, perché, in concorso tra loro, in particolare:

- M.M., in qualità di amministratore unico della M**-P**** s.r.l., in realtà mera testa di legno che si prestava a sottoscrivere tutte le pratiche di rinnovo e tutti i documenti ad esse funzionali per un compenso pattuito con il Ri. di € 800,00 mensili;

- R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

- D.M., ragioniere-commercialista che si occupava di redigere, dietro compenso, le buste paga falsa, i falsi contratti di lavoro, di inviare le false comunicazioni al Centro per l'Impiego ed all'I.N.P.S., in violazione degli artt. 4, 5, 5-bis, 6, 9, 9-bis del D.Ivo 286/1998, presentando le relative istanze di ingresso perlavoro altamente qualificato da prestarsi per la M**-P**** s.r.l., società di fatto inesistente o, comunque, non più operativa dal 31.03.2012, indicando un codice di matricola previdenziale INPS inesistente, compiva atti diretti a procurare illegalmente l'ingresso di:

a) S.M., nato in Marocco il (omissis);

b) D.M., nato in Marocco il (omissis);

Con l'aggravante di avere commesso il fatto al fine di reclutare persone da destinare allo sfruttamento lavorativo.

Con l'aggravante di avere commesso il fatto al fine di trarne profitto.

Con l'aggravante per R.A.K. di avere promosso, organizzato e coordinato la cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, il 17 gennaio 2015.


M.M., D.M.. R.A.K. (nonché R.E.A. e E.M.S.F. per i quali si è proceduto separatamente):

9) delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 2, 48, 56 e 479 c.p., perché, in concorso tra loro, in particolare:

- M.M., quale amministratore unico della M**-P**** s.r.l., società non più operativa dal marzo 2012 che si prestava, dietro compenso, a sottoscrivere tutti i contratti di lavoro fittizi;

- D.M., ragioniere-commercialista che provvedeva a formare la falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di presentare la domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno:

- R.E.A., collaboratore di D.M. nella formazione della falsa documentazione per consentire al cittadino extracomunitario di presentare la domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno;

- R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

- E.M.S.F., in qualità di cittadino extracomunitario fittiziamente assunto dalla M**-P**** s.r.l. e di richiedente il titolo di soggiorno,

allegando alla domanda di rinnovo del permesso di soggiorno presentata da E.M.S.F. un contratto di lavoro inerente ad un rapporto inesistente con la M**-P**** s.rl. e le relative buste paga interamente contraffatte, compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre in errore il Questore di Brescia o, comunque, il funzionario delegato, con riferimento al rilascio del titolo di soggiorno.

Con l'aggravante per R.A.K. di avere promosso. organizzato e coordinato la cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, il 25 agosto 2014.


M.M., D.M., R.A.K. e R.T. (nonché R.E.A. per il quale si è proceduto separatamente):

10) delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 2, 48, 56 e 479 c.p., perché, in concorso tra loro, in particolare:

- M.M., quale amministratore unico della M**-P**** s.r.l., società non più operativa dal marzo 2012 che si prestava, dietro compenso, a sottoscrivere tutti i contratti di lavoro fittizi;

- D.M., ragioniere-commercialista che provvedeva a formare la falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di presentare la domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno;

- R.E.A., collaboratore di D.M. nella formazione della falsa documentazione per consentire al cittadino extracomunitario di presentare la domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno;

- R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

- R.T., in qualità di cittadino extracomunitario fittiziamente assunto dalla M**-P**** s.r.l. e di richiedenteil titolo di soggiorno, allegando alla domanda di rinnovo del permesso di soggiorno presentata da R.T. un contratto di lavoro inerente ad un rapporto inesistente con la M**-P**** s.r.l. e le relative buste paga interamente contraffatte, compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre in errore il Questore di Brescia o, comunque, il funzionario delegato, con riferimento al rilascio del titolo di soggiorno.

Con l'aggravante per R.A.K. di avere promosso. organizzato e coordinato la cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, il 23 settembre 2014;


M.M.. D.M., R.A.K. (nonché R.E.A. e N.S. peri quali si è proceduto separatamente):

11) delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 2, 48, 56 e 479 c.p., perché, in concorso tra loro, in particolare:

- M.M., quale amministratore unico della M**-P**** s.r.l., società non più operativa dal marzo 2012 che si prestava, dietro compenso, a sottoscrivere tutti i contratti di lavoro fittizi;

- D.M., ragioniere-commercialista che provvedeva a formare la falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di presentare la domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno;

- R.E.A., collaboratore di D.M. nella formazione della falsa documentazione per consentire al cittadino extracomunitario di presentare la domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno;

- R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

- N.S., in qualità di cittadino extracomunitario fittiziamente assunto dalla M**-P**** s.r.l. e di richiedente il titolo di soggiorno,

allegando alla domanda di rinnovo del permesso di soggiorno presentata da N.S. un contratto di lavoro inerente ad un rapporto inesistente con la M**-P**** s..l. e le relative buste paga interamente contraffatte, compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre in errore il Questore di Brescia o, comunque, il funzionario delegato, con riferimento al rilascio del titolo di soggiorno.

Con l'aggravante per R.A.K. di avere promosso, organizzato e coordinato la cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, il 2 ottobre 2014.


M.M., D.M., R.A.K. e H.N.

12) delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 2 c.p., 48, 56 e 479 c.p., perché, in concorso tra loro, in particolare:

- M.M., quale amministratore unico della M**-P**** s.r.l., società non più operativa dal marzo 2012 che si prestava, dietro compenso, a sottoscrivere tutti i contratti di lavoro fittizi;

- D.M., ragioniere-commercialista che provvedeva a formare la falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di presentare la domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno:

- R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari. di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

- H.N., in qualità di cittadino extracomunitario fittiziamente assunto dalla M**-P**** s.r.]. e di richiedente il titolo di soggiorno,

allegando alla domanda di rinnovo del permesso di soggiorno presentata da H.N. un contratto di lavoro inerente ad un rapporto inesistente con la M**-P**** s.rl. e le relative buste paga interamente contraffatte, compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre in errore il Questore di Brescia o, comunque, il funzionario delegato, con riferimento al rilascio del titolo di soggiorno.

Con l'aggravante per R.A.K. di avere promosso. organizzato e coordinato la cooperazione nel reato.


M.M., D.M.. R.A.K. e M.E.H.

13) delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 2, 48, 56 e 479 c.p., perché, in concorso tra loro, in particolare:

- M.M., quale amministratore unico della M**-P**** s.r.l., società non più operativa dal marzo 2012 che si prestava, dietro compenso, a sottoscrivere tutti i contratti di lavoro fittizi:

- D.M., ragioniere-commercialista che provvedeva a formare la falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di presentare la domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno;

- R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

- M.E.H., in qualità di cittadino extracomunitario fittiziamente assunto dalla M**-P**** s.r.l. e di richiedente il titolo di soggiorno,

allegando alla domanda di rinnovo del permesso di soggiorno presentata da M.E.H. un contratto di lavoro inerente ad un rapporto inesistente con la M**-P**** s.r.l. e le relative buste paga interamente contraffatte, compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre in errore il Questore di Brescia o, comunque, il funzionario delegato, con riferimento al rilascio del titolo di soggiorno.

Con l'aggravante per R.A.K. di avere promosso. organizzato e coordinato la cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, il 24 dicembre 2014;


M.M., D.M., R.A.K. (nonché M.B. per il quale si è proceduto separatamente)

14) delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 2, 48, 56 e 479 c.p., perché, in concorso tra loro, in patticolare:

- M.M., quale amministratore unico della M**-P**** s.r.l., società non più operativa dal marzo 2012 che si prestava, dietro compenso, a sottoscrivere tutti i contratti di lavoro fittizi;

- D.M., ragioniere-commercialista che provvedeva a formare la falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di presentare la domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno;

- R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

- M.B., in qualità di cittadino extracomunitario fittiziamente assunto dalla M**-P**** srl, e di richiedente il titolo di soggiorno,allegando alla domanda di rinnovo del permesso di soggiorno presentata da M.B. un contratto di lavoro inerente ad un rapporto inesistente con la M**-P**** s.r.l. e le relative buste paga interamente contraffatte, compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre in errore il Questore di Brescia o, comunque, il funzionario delegato, con riferimento al rilascio del titolo di soggiorno.

Con l'aggravante per R.A.K. di avere promosso. organizzato e coordinato la cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, il 23 dicembre 2014;


M.M., D.M., R.A.K. e D.R.

15) delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 2, 48, 56 e 479 c.p., perché, in concorso tra loro, in particolare:

- M.M., quale amministratore unico della M**-P**** s.r.l., società non più operativa dal marzo 2012 che si prestava, dietro compenso, a sottoscrivere tutti i contratti di lavoro fittizi;

- D.M., ragioniere-commercialista che provvedeva a formare la falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di presentare la domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno;

- R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

- D.R., in qualità di cittadino extracomunitario fittiziamente assunto dalla M**-P**** s.r.l. e di richiedente il titolo di soggiorno,

allegando alla domanda di rinnovo del permesso di soggiorno presentata da D.R. un contratto di lavoro inerente ad un rapporto inesistente con la M**-P**** s.r.l. e le relative buste paga interamente contraffatte, compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre in errore il Questore di Brescia o, comunque, il funzionario delegato, con riferimento al rilascio del titolo di soggiorno.

Con l'aggravante per R.A.K. di avere promosso. organizzato e coordinato la cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, il 23 dicembre 2014;


M.M., D.M., R.A.K. e E.Q.N.

16) delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 2, 48, 56 e 479 c.p., perché, in concorso tra loro, in particolare:

- M.M., quale amministratore unico della M**-P**** s.r.l., società non più operativa dal marzo 2012 che si prestava, dietro compenso, a sottoscrivere tutti i contratti di lavoro fittizi;

D.M., ragioniere-commercialista che provvedeva a formare la falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di presentare la domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno;

R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

E.Q.N., in qualità di cittadino extracomunitario fittiziamente assunto dalla M**-P****

s.r.I. e di richiedente il titolo di soggiorno, allegando alla domanda di rinnovo del permesso di soggiorno presentata da E.Q.N. un contratto di lavoro inerente ad un rapporto inesistente con la M**-P**** s.r.I. e le relative buste paga interamente contraffatte, compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre in errore il Questore di Brescia o, comunque, il funzionario delegato, con riferimento al

rilascio del titolo di soggiorno.

Con l'aggravante per R.A.K. di avere promosso. organizzato e coordinato la

cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, il 8 gennaio 2015.


M.M., D.M., R.A.K. e G.G.

17) delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 2, 48, 56 e 479 c.p., pérghé. in concorso tra loro, in

particolare:

M.M., quale amministratore unico della M**-P**** s.r.l., società non più

operativa dal marzo 2012 che si prestava, dietro compenso, a sottoscrivere tutti i contratti di lavoro fittizi;

D.M., ragioniere-commercialista che provvedeva a formare la falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di presentare la domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno;

R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

G.G., in qualità di cittadino extracomunitario fittiziamente assunto dalla MAR- PRESS s.r.l. e di richiedente il titolo di soggiorno, i

allegando alla domanda di rinnovo del permesso di soggiorno presentata da G.G. un contratto di lavoro inerente ad un rapporto inesistente con la M**-P**** s.r.l. e le relative buste paga interamente contraffatte, compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre in errore il Questore di Brescia o, comunque, il funzionario delegato, con riferimento al rilascio del titolo di soggiorno.

Con l'aggravante per R.A.K. di avere promosso. organizzato e coordinato la cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, il 19 febbraio 2015;


M.M., D.M.. R.A.K. e D.R.

18) delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 2, 48, 56 e 479 c.p., perché, in concorso tra loro, In particolare:

- M.M., quale amministratore unico della M**-P**** s.r.l., società non più operativa dal marzo 2012 che si prestava, dietro compenso, a sottoscrivere tutti i contratti di lavoro fittizi;

D.M., ragioniere-commercialista che provvedeva a formare la falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di presentare la domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno;

R.A.K., promotore, organizzatore € coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

D.R., in qualità di cittadino extracomunitario fittiziamente assunto dalla M**-P**** s.r.l. e di richiedente il titolo di soggiorno,

allegando alla domanda di rinnovo del permesso di soggiorno presentata da D.R. un contratto di lavoro inerente ad un rapporto inesistente con la M**-P**** s.r.l. e le relative buste paga interamente contraffatte, compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre in errore il Questore di Brescia o, comunque, il funzionario delegato, con riferimento al rilascio del titolo di soggiorno.

Con l'aggravante per R.A.K. di avere promosso, organizzato e coordinato la cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, il 2 marzo 2015.


M.M., D.M., R.A.K. e E.H.H.

19) delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 2, 48, 56 e 479 c.p., perché, in concorso tra loro, in particolare:

- M.M., quale amministratore unico della M**-P**** s.r.]., società non più operativa dal marzo 2012 che si prestava, dietro compenso, a sottoscrivere tutti i contratti di lavoro fittizi;

D.M., ragioniere-commercialista che provvedeva a formare la falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di presentare la domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno;

R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

E.H.H., in qualità di cittadino extracomunitario fittiziamente assunto dalla M**-P**** s.r.l. e di richiedente il titolo di soggiorno, allegando alla domanda di rinnovo del permesso di soggiorno presentata da E.H.H. un contratto di lavoro inerente ad un rapporto inesistente con la M**-P**** s.r.l. e le relative buste paga interamente contraffatte, compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre in errore il Questore di Brescia o, comunque, il funzionario delegato, con riferimento

al rilascio del titolo di soggiorno.

Con l'aggravante per R.A.K. di avere promosso. organizzato e coordinato la cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, il 19 marzo 2015.


M.M., D.M., R.A.K. e J.A.

20) delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 2, 48, 56 e 479 c.p., perché, in concorso tra loro, in particolare:

- M.M., quale amministratore unico della M**-P**** s.r.l., società non più operativa dal marzo 2012 che si prestava, dietro compenso, a sottoscrivere tutti i contratti di lavoro fittizi;

D.M., ragioniere-commercialista che provvedeva a formare la falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di presentare la domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno;

R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

J.A., in qualità di cittadino extracomunitario fittiziamente assunto dalla M**-P**** s.r.l. e di richiedenteil titolo di soggiorno, allegando alla domanda di rinnovo del permesso di soggiorno presentata da J.A. un contratto di lavoro inerente ad un rapporto inesistente con la M**-P**** srl. e le relative buste paga interamente contraffatte; compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre in errore il Questore di Brescia o, comunque, il funzionario delegato, con riferimento al rilascio del titolo di soggiorno.

Con l'aggravante per R.A.K. di avere promosso, organizzato e coordinato la cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, il 20 marzo 2015.


M.M., D.M., R.A.K. e R.E.

21) delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 2, 48, 56 e 479 c.p., perché, in concorso tra loro, in particolare:

- M.M., quale amministratore unico della M**-P**** s.r.l., società non più operativa dal marzo 2012 che si prestava, dietro compenso, a sottoscrivere tutti i contratti di lavoro fittizi;

- D.M., ragioniere-commercialista che provvedeva a formare la falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di presentare la domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno;

- R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

- R.E., in qualità di cittadino extracomunitario fittiziamente assunto dalla M**-P**** s.r.l. e di richiedente il titolo di soggiorno,

allegando alla domanda di rinnovo del permesso di soggiorno presentata da R.E. un contratto di lavoro inerente ad un rapporto inesistente con la M**-P**** s.r.l. e le relative buste paga interamente contraffatte, compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre in errore il Questore di Brescia o, comunque, il funzionario delegato, con riferimento al rilascio del titolo di soggiorno.

Con l’aggravante per R.A.K. di avere promosso, organizzato e coordinato la cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, il 6 marzo 2015.


M.M., D.M., R.A.K. e H.R.

22) delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 2, 48, 56 e 479 c.p., perché, in concorso tra loro, in particolare:

- M.M., quale amministratore unico della M**-P**** s.r.l., società non più operativa dal marzo 2012 che si prestava, dietro compenso, a sottoscrivere tutti i contratti di lavoro fittizi;

- D.M., ragioniere-commercialista che provvedeva a formare la falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di presentare la domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno;

- R.A.K., promotore, organizzatore € coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

- H.R., in qualità di cittadino extracomunitario fittiziamente assunto dalla M**-P**** s.r.l. e di richiedente il titolo di soggiorno,

allegando alla domanda di rinnovo del permesso di soggiorno presentata da H.R. un contratto di lavoro inerente ad un rapporto inesistente con la M**-P**** s.r.l. e le relative buste paga interamente contraffatte, compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre in errore il Questore di Brescia o, comunque, il funzionario delegato, con riferimento al rilascio del titolo di soggiorno. .

Con l'aggravante per R.A.K. di avere promosso. organizzato e coordinato la cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, il 12 febbraio 2015.


M.M., D.M., R.A.K. (nonché M.T. per il quale si è proceduto separatamente):

23) delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 2, 48, 56 e 479 c.p., perché, in concorso tra loro, in articolare:

- M.M., quale amministratore unico della M**-P**** s.r.l., società non più operativa dal marzo 2012 che si prestava, dietro compenso, a sottoscrivere tutti i contratti di lavoro fittizi;

- D.M., ragioniere-commercialista che provvedeva a formare la falsa documentazione che consentiva al cittadino extracomunitario di presentare la domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno;

- R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

M.T., in qualità di cittadino extracomunitario fittiziamente assunto dalla M**-P**** s.r.l. e di richiedente il titolo di soggiorno,allegando alla domanda di rinnovo del permesso di soggiorno presentata da M.T. un contratto di lavoro inerente ad un rapporto inesistente con la M**-P**** s.r.1. e le relative buste paga interamente contraffatte,

compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre in errore il Questore di Brescia o,

comunque, il funzionario delegato, con riferimento al rilascio del titolo di soggiorno.

Con l'aggravante per R.A.K. di avere promosso, organizzato e coordinato la cooperazione nel reato.

Commesso in Brescia, il 5 gennaio 2015.


M.M., D.M., R.A.K. (nonché R.E.A. per il quale si è proceduto separatamente):

25) delitto di cui all'art. 416 commi 1, 2 e 3 c.p., perché, con i seguenti ruoli:

- M.M., in qualità di amministratore unico della M**-P**** s.r.l., in realtà mera testa di legno che si prestava a sottoscrivere tutte le pratiche di rinnovo e tutti i documenti ad esse funzionali per un compenso pattuito con il Ri. di € 800,00 mensili;

- R.A.K., promotore, organizzatore e coordinatore della cooperazione nel reato, in particolare reclutava M.M. ed incaricava D.M. ed il suo staff (R.E.A.) di predisporre la documentazione falsa utile ai cittadini extracomunitari, di volta in volta inviati presso l'abitazione del D. medesimo, per predisporre la domanda di rinnovo del titolo di soggiorno;

D.M., ragioniere-commercialista che si occupava di redigere, dietro compenso, le buste paga falsa, i falsi contratti di lavoro, di inviare le false comunicazioni al Centro per l'Impiego ed all'I.N.P.S.,

R.E.A., ragioniere che, presso l'abitazione dei D.M., fino al novembre 2014, forniva la propria collaborazione nel redigere, dietro compenso, le buste paga falsa, i falsi contratti di lavoro, di inviare le false comunicazioni al Centro per l'Impiego ed all'I.N.P.S,

si associavano tra di loro allo scopo di fare conseguire illegalmente a centinaia di cittadini extracomunitari il permesso di soggiorno dalle Questure di Brescia, Cremona, Milano, Bergamo, Massa, Novara e Verona, attraverso l'induzione all'emissione di atti pubblici ideologicamente falsi, stranieri che poi, in alcuni casi, venivano destinati allo sfruttamento lavorativo in vari cantieri edili sparsi sul territorio della Regione Lombardia.

Commesso in Brescia, dal 1 gennaio 2014 al 30 luglio 2015.


CONCLUSIONI

Il Pubblico Ministero conclude come da nota scritta allegata a verbale.

Il difensore dell’imputato E.H. chiede l’assoluzione anche ai sensi dell’art. 530 co. 2 c.p.p.; in subordine, si associa al Pubblico Ministero.

Il difensore di G. e H, chiede l’assoluzione perché il fatto non sussiste; in subordine, condanna al minimo della pena, concessione delle attenuanti generiche e dei benefici di legge.

Il difensore di H. chiede l’assoluzione perchéil fatto non sussiste, anche ex art. 530 co. 2 c.p.p.; in subordine, condanna al minimo della pena, concessione delle attenuanti generiche e dei benefici di legge.

Il difensore di R. chiede l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato o per non avere commesso il fatto; in subordine, condanna al minimo della pena, concessione delle attenuanti generiche e dei benefici di legge.

Il difensore di E.Q. chiede l’assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato; in subordine, condanna al minimo della pena, concessione delle attenuanti generiche e dei benefici di legge.

Il difensore di F. chiede l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato; in subordine, condanna al minimo della pena, concessione delle attenuanti generiche e dei benefici di legge.

Il difensore di M., V. e D. chiede l’assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato; in subordine, condanna al minimo della pena, concessione delle attenuanti generiche e dei benefici di legge.

Il difensore di D. chiede l’assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato; in subordine, condanna al minimo della pena, concessione delle attenuanti generiche e dei benefici di legge.

Il difensore di R. chiede l’assoluzione perché il fatto non sussiste o per non avere commesso il fatto.

Il difensore di M. chiede l'assoluzione perché il fatto non sussiste o per non avere commesso il fatto.

Il difensore di R. chiede l’assoluzione perché il fatto non sussiste, anche ai sensi dell’art. 530 co. 2 c.p.p.; in subordine, condanna al minimo della pena, concessione delle attenuanti generiche e dei benefici di legge.

Il difensore di A. e M. chiede condanna al minimo della pena con concessione dei benefici di legge.

Il difensore di J. chiede l’assoluzione anche ex art. 530 co. 2 c.p.p.; in subordine, condanna al minimo della pena e concessione dei benefici di legge.


Il Presidente

Dott.ssa Angela Corvi

FATTO e DIRITTO

Con decreto del 9 febbraio 2017, il Giudice per l’udienza preliminare statuiva farsi luogo a giudizio dibattimentale nei confronti di M.M., D.M., R.A.K., J.A., R.T., M.A., ANBAR HICHAM, V.M., F.K., H.R., D.R., G.G., D.R., M.H. ,E.H.H., E.Q.N., R.E.e H.N., i primi tre imputati di associazione per delinquere finalizzata alla induzione alla emissione di atti pubblici ideologicamente falsi e di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ai sensi dell’art. 12 co. 3 e 5 d.lgs. 286/1998, e, tutti, di vari reati contro la fede pubblica, così come compiutamente descritti in epigrafe.

All’udienza del 29 marzo 2018 il D., imputato anche del delitto di cui all’art. 348 c.p., con l’ausilio del difensore avanzava istanza di applicazione pena; acquisito il consenso del Pubblico Ministero il Tribunale, dopo la camera di consiglio, pronunciava sentenza ex art. 444 c.p.p. A questo punto il difensore del Ri. invitava il Collegio ad astenersi, per sopravvenuta incompatibilità; le altre difese si associavano mentre il Pubblico Ministero riteneva infondata la questione. Il Collegio, all’esito della riserva, con ordinanza emessa in pari data dichiarava di astenersi, rimettendo gli atti al Presidente del Tribunale.

Riassegnato il fascicolo al Tribunale in diversa composizione collegiale, all’udienza del 20 novembre 2018 il processo era aggiornato perla regolarizzazione delle notifiche nonché per l’adesione dei difensori all’astensione proclamata dall’OUA.

All’udienza del 9 aprile 2019, in assenza di questioni preliminari, era aperto il dibattimento ed ammessele prove richieste dalle parti; era quindi escusso il teste della Pubblica Accusa F.P., Commissario della Polizia Provinciale di Brescia. Il PM produceva documentazione.

All’udienza del 18 luglio 2019 era sentito il teste N.G., sempre per la Pubblica Accusa; con il consenso delle altre parti, la difesa del Ri. produceva verbali di s.i.t. di 9 lavoratori coinvolti nelle indagini.

All’udienza del 4 febbraio 2020 erano sentiti i residui testi della difesa e gli imputati Rr., Ri., E.Q.N. e Hatim si sottoponevano ad esame; era inoltre escusso il teste della difesa del Ri., F.M.. Il PM produceva verbali di interrogatorio di M., M. e F. (in relazione al contenuto dei quali le difese del M. e del Ri. avanzavano riserva ex art. 513 co. 1 ultima parte c.p.), mentre la difesa Ri. produceva verbali di s.i.t. rese da F.T., con rinuncia a sentire il teste.

All’udienza del 21 maggio 2020 era sentito ex art. 197 bis R.E.A., già coimputato per i medesimi fatti e giudicato con sentenza di applicazione pena irrevocabile; E.H. si sottoponeva ad esame. Le parti rinunciavano ai residui testi e, a questo punto, il Pubblico Ministero chiedeva di sentire, ex art. 507 c.p.p., il coimputato D..

Accolta l’istanza, questi era sentito ex art. 197 bis all’odierna udienza, all’esito della quale, avendole parti rinunciato ai residui testi non escussi, era chiuso il dibattimento e dichiarati utilizzabili gli atti acquisiti, le parti concludevano come da verbale; seguiva la camera di consiglio e la lettura in aula del dispositivo della deliberazione adottata.

Gli imputati sottoposti all’odierno procedimento sono, nella sostanza, accusati di avere simulato la sussistenza di rapporti di lavoro subordinato fra la società M**-P**** s.r.l., amministrata da M.M., e numerosi cittadini extracomunitari (alcuni dei quali tratti oggi a giudizio): ciò, al fine di fare ottenere a questi ultimi, in forza dei contratti di lavoro fittizi, il rinnovo del permesso di soggiorno.

Da qui, le accuse di favoreggiamento della permanenza illegale sul territorio nazionale (art. 12 co. 5 d.lgs. 286/98) e di associazione per delinquere finalizzata alla induzione alla fabbricazione di documenti falsi (per il M. ed il Ri.) e di falso ideologico (tentato o consumato) in atto pubblico per induzione, di volta in volta contestato, oltre ai primi due, anche ai restanti quindici imputati, beneficiari del rilasciando titolo di soggiorno. Al M. ed al Ri. è altresì contestato il delitto di cui all’art. 12 co. 3 d.lgs. 286/98, in relazione alle posizioni dei lavoratori S.M. e D.M..

A fronte di simile formulazione dei capi di imputazione, prima ancora di occuparsi della disamina in fatto, e quindi dell’esposizione e della analisi del copioso materiale probatorio acquisito nel corso del processo, ritiene questo Tribunale siano necessarie alcune preliminari osservazioni in punto diritto.

La fattispecie di cui all’art. 12 co. 5 d.lgs. 286/1998, in disparte l’ipotesi di chi abbia agito «nell’ambito delle attività punite dal presente articolo» — non contestata nel caso di specie ed in ogni caso priva di reale applicazione nella prassi, così come più volte sottolineato da dottrina e giurisprudenza — punisce chi, fuori dai casi “tipici” di favoreggiamento, di cui ai precedenti commi 1 e 3, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, «al fine di trarre profitto dalla condizione di illegalità dello straniero... favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente Testo Unico».

Presupposto fondamentale della condotta è dunque che, al momento della condotta “agevolatrice”, lo straniero “favorito” sia illegale — in relazione alla normativa che

regola l’ingresso e la permanenza dei cittadini extracomunitari nel territorio dello Stato

— e cioè “clandestino”.

Facilmente individuabile è la ratio alla base di tale — espressa — limitazione legislativa.

Sebbene la giurisprudenza di legittimità abbia costantemente affermato, all’indomani dell’abrogazione della fattispecie di cui all’art. 12 comma 1 l. 30 dicembre 1986, n. 943 (che puniva l'impiego in condizione illegale di lavoratori immigrati al fine di favorirne lo sfruttamento) ad opera del testo unico sulla disciplina dell'immigrazione (d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286), che il bene giuridico tutelato dall’art. 12 comma 5 del citato testo unico è la regolamentazione dei flussi di immigrazione nel territorio italiano e non la salvaguardia delle condizioni dello straniero lavoratore (come era per la vecchia normativa: Cass., sez. I, 20 novembre 2011, n. 6487), deve ritenersi che non sia estraneo nemmeno alla nuova fattispecie l’aspetto della tutela del soggetto “debole” del rapporto, ossia lo straniero.

Ne costituisce riscontro proprio la previsione del dolo specifico rappresentato “dal fine di trarre ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero”, che richiede la dimostrazione che l’autore del reato abbia tratto indebito vantaggio dall’altrui condizione di c.d. contraente debole, imponendo condizioni onerose e/o esorbitanti dell’equilibrio del rapporto sinallagmatico (cfr., fra le altre, Cass., sez. I, 16 ottobre 2003, n. 46066). Un simile squilibrio, nell’id quod plerumque accidit, si instaura più facilmente proprio quando il “favorito” è un soggetto totalmente irregolare sul territorio nazionale, e dunque disposto ad accettare condizioni particolarmente gravose per rimanere in Italia; condizione del tutto diversa da chi un titolo di soggiorno lo abbia già e debba soltanto ottenerne il rinnovo sulla base di una delle molteplici causali previste dalla normativa in materia (ad esempio, per ragioni di studio, per attesa occupazione, per motivi familiari, religiosi, umanitari, etc.).

D'altra parte, lo stesso bene giuridico costituito da “l'interesse dello Stato a regolamentare i flussi migratori” può dirsi ben più intensamente offeso (nelle forme della lesione effettiva o della semplice messa in pericolo), nel caso in cui venga aiutato a permanere sul territorio nazionale un soggetto che non abbia alcun titolo a soggiornarvi, rispetto al caso in cui invece il “favorito” sia regolare al momento in cui la condotta viene realizzata, mentre la scadenza del suo titolo abilitativo sia un evento futuro ed (in una certa misura) pure incerto.

Nel caso di specie, nella stessa prospettazione accusatoria (ma il dato emerge anche dall’esame della documentazione depositata dal Pubblico Ministero, avente ad oggetto le istanze esaminate dall’Ufficio Immigrazione della Questura di Brescia, nonché dalla

articolata testimonianza resa dal Commissario P.), nessuno dei lavoratori menzionati nel capo 1 dell’imputazione, che M**-P**** s.r.l. avrebbe fittiziamente assunto, era irregolare in Italia, né al tempo della stipula del contratto, né alla data di presentazione della domanda amministrativa: costoro già possedevano un permesso di soggiorno, che sarebbe scaduto di lì a qualche tempo. Ed infatti, le domande presentate dai lavoratori avevano oggetto il rinnovo — e non il rilascio — di un titolo di soggiorno.

Ne deriva che la condotta contestata non può nemmeno astrattamente integrare gli estremi della fattispecie di favoreggiamento, per difetto del presupposto rappresentato dalla predetta “condizione di illegalità”.

Una diversa interpretazione — secondo la quale tale condizione potrebbe essere anche solo futura ed eventuale, come nel caso di scadenza del permesso di soggiorno non rimpiazzato, medio tempore, da un altro titolo legittimante la permanenza in Italia — si porrebbe radicalmente in contrasto con la chiara lettera della legge, integrando così una vera propria estensione analogica della norma incriminatrice, come noto vietata dal c.d. principio di tassatività, corollario dell’art. 25 co. 2 Cost.

Né a diverse conclusioni può indurre la recente pronuncia della I sezione della Corte di Cassazione (sent. n. 12748 del 27 febbraio 2019), che, al di là di un mero riferimento effettuato — quale obiter dicta — all’ipotesi del “rinnovo” del permesso di soggiorno, aveva ad oggetto un caso in cui i cittadini extracomunitari favoriti erano tutti radicalmente privi di permesso di soggiorno all’epoca della condotta criminosa — sicché quest’ultima risultava, in conformità a quanto previsto dalla fattispecie incriminatrice, finalizzata al “rilascio” abusivo del titolo —.

In forza di tali considerazioni, deve essere emessa declaratoria di insussistenza del fatto in ordine al delitto di cui all’art. 12 co. 5 d.lgs. 286/98, contestato al Ri. ed al M. al capo 1 della imputazione.

Quanto invece alla diversa ipotesi di favoreggiamento dell’ingresso clandestino, cui all’art. 12 co. 3 del medesimo d.lgs., contestata, sempre al Ri. ed al M., al capo 8 («... indicando un codice di matricola previdenziale INPS inesistente, compiva[no] atti diretti a procurare illegalmente l’ingresso di S.M. (n. in Marocco il 26 gennaio 1992; D.M. (n. in Marocco il 10 novembre 1993 ...»), si osserva che non è stata acquisita in giudizio alcuna prova circa la sussistenza di questo specifico episodio: in atti non vi sono istanze, richieste o altri documenti relativi ai due stranieri asseritamente favoriti, né i testi della Pubblica Accusa (in particolare il Commissario F.P., che ha diretto l’intera complessa indagine a carico degli imputati) ha fatto riferimento a queste particolari posizioni.

Pure in relazione a questa accusa, dunque, deve essere dichiarata l’insussistenza del fatto.

Per quanto riguarda le restanti imputazioni, si osserva quanto segue.

Il commissario F.P., sentito all’udienza del 9 aprile 2019, ha dichiarato che, nell’estate del 2015, l’ispettorato dell’INPS aveva segnalato talune anomalie riguardanti la M**-P**** s.r.l., amministrata da Maurizio M.. La società, costituita nel 2011 e con oggetto sociale “lavorazioni meccaniche”, aveva svolto saltuaria attività per circa un anno, con tre — quattro dipendenti di nazionalità italiana, dopodiché, da visura camerale, la stessa risultava sospesa.

Nel 2014 la società era riattivata e l’oggetto sociale tramutato in “attività si sartoria, riparazione tessuti, impresa edile, riparazione veicoli, carrozzeria”. Da questo momento in poi risultavano assunti complessivamente più di 200 lavoratori, la stragrande maggioranza dei quali cittadini extracomunitari: di questi, 22 avevano presentato domanda per il rinnovo del permesso di soggiorno proprio in forza del rapporto di lavoro intrattenuto con M**-P****.

Svariate erano le anomalie relative alla società ed ai rapporti intrattenuti con i presunti dipendenti: M**-P**** non risultava avere mai presentato, per quegli anni, dichiarazioni dei redditi, né versato contributi assistenziali e/o previdenziali per i lavoratori; non aveva una sede operativa attiva; tutte le numerose assunzioni risultavano effettuate in poco più di un mese, nel corso dell’anno 2014.

Le indagini proseguivano con la perquisizione dello studio e della abitazione del commercialista di M**-P****, D.M., nonché della abitazione del suo collaboratore, R.E.A.: in entrambi i casi erano rinvenuti centinaia di documenti (buste paga, contratti, modelli fiscali, copie di documenti di identità, lettere di assunzioni etc.) relativi ai cittadini extracomunitari apparentemente assunti/dalla società del M.. I cedolini di pagamento rinvenuti, poi, presentavano talune incongruenze (quanto al numero delle ore lavorate e/o alla matricola aziendale stampigliata).

D.M., sentito all’odierna udienza ai sensi dell’art. 197 bis c.p.p. (avendo definito la propria posizione con sentenza di applicazione pena ormai irrevocabile), ha pienamente ammesso le proprie responsabilità (come peraltro aveva fatto già sin dall’inizio delle indagini).

Il D. ha riferito che M**-P**** era stata utilizzata da lui e dal suo collaboratore Ra. per assumere fittiziamente cittadini extracomunitari, al fine di fare conseguire loro il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi lavorativi. Si trattava di un meccanismo che lui e il Ra. avevano più volte impiegato, in quegli anni, con lo strumento di comodo rappresentato da diverse società (come G***** E***, M******** S******, A**** C**, D***).

Per quanto riguarda la posizione di M**-P****, era accaduto che M.M., il padre di questi (M. A.) e R.A.K. si erano presentati da lui, affinché si occupasse della assunzione di alcuni lavoratori da impiegare nel settore edile, in un cantiere fra la Liguria e la Toscana. Dopodiché, egli aveva trattenuto le credenziali e le password per effettuare le comunicazioni di assunzione (UNILAV) al centro per l’impiego e, insieme al Ra., ne aveva fatto uso, all’insaputa dell’amministratore M., per effettuare le assunzioni fittizie degli extracomunitari.

Da lui si presentavano i lavoratori — ma più spesso, soggetti diversi, sempre stranieri, che fungevano da intermediari — che gli chiedevano di curare le pratiche necessarie; lui ed il Ra. quindi si occupavano delle relative formalità e fabbricavano sia le lettere di assunzione (falsificandole sottoscrizioni dell’amministratore unico) sia le buste paga.

In cambio di tali servigi, D. e Ra. pattuivano coni richiedenti un compenso di circa 300 — 400 euro contratto, che tuttavia non sempre veniva loro corrisposto.

Dietro specifiche e ripetute domande, D. ha categoricamente escluso che i M. o il Ri. fossero a conoscenza delle attività illecite sue e del Ra., ribadendo che costoro si erano a lui rivolti unicamente per le assunzioni (di cittadini extracomunitari regolari) relative al cantiere già menzionato; a tale circostanza si era riferito quando, negli interrogatori durante la fase delle indagini preliminari, aveva parlato del ruolo di costoro. Quanto poi al Ri., vi era stato, sempre secondo il D., l’equivoco dovuto all’assonanza fra il cognome di questi e quello del suo collaboratore Ra., a cui egli ha più volte attribuito, in sede di esame dibattimentale,l’iniziativa nell’impiego illecito di M**-P**** nella attività di assunzione fittizia dei lavoratori.

R.E.A., sentito anch’egli ex art. 197 bis c.p.p. dopo il passaggio in giudicato della sentenza ex art. 444 c.p.p. emersa nei suoi confronti, all’udienza del 21 maggio 2020, ha reso dichiarazioni conformi a quelle del D..

Quanto alla posizione degli odierni imputati, M.M. e R.A.K., Ra. ha escluso di avere mai visto o avuto a che fare con il primo, mentre, per quanto concerne il secondo, ha ammesso di averlo notato saltuariamente, in abiti da lavoro, nello studio-abitazione del D.; ha tuttavia aggiunto di non conoscere le ragioni di tali visite.

Le affermazioni del D. — che escludono qualsiasi forma di responsabilità degli odierni imputati M. e Ri. nella vicenda dell’abusivo rinnovo dei permessi di soggiorno — trovano conferma nel compendio probatorio raccolto nel corso del dibattimento.

Per quanto riguarda la posizione dell’amministratore unico, il padre di questi, M.A., ha riferito che, intorno al 2011, tale V.B., aveva contattato suo figlio, proponendogli di assumere l’incarico di amministratore unico di M**-P**** s.r.l., che avrebbe dovuto svolgere attività di officina meccanica; tuttavia, dopo la costituzione della società e l’assunzione formale della carica, il progetto non era mai partito (si vedano sul punto, in senso conforme, le dichiarazioni dei testi Cremaschini e Bisesti, sentiti all’udienza del 4 febbraio 2020).

Qualche tempo dopo, Ri. lo aveva contattato per “fare lavorare la società”, in cambio di un compenso; dopodiché, ancora una volta, né lui né il figlio nulla avevano saputo della attività sociale, sino alla notizia del coinvolgimento nelle indagini sulle irregolari assunzioni.

M.A. ha ribadito più volte che sia lui che il figlio erano all’oscuro di tale illecita attività: per quanto ne sapevano, M**-P**** era una società inattiva, e Maurizio (ex tossicodipendente ed affetto da plurime patologie) non aveva di fatto svolto alcuna attività per la stessa, né percepito alcun compenso quale amministratore. Ha infine aggiunto che, dopo l’apertura delle indagini, riceveva minacce e pressioni da parte del D. affinché scaricasse la responsabilità per quanto accaduto sul Ra.; ha invece escluso, in dibattimento, di avere interloquito con il Ri. sul punto (cfr. dich. ud. 4 febbraio 2020).

In secondo luogo, va rilevato come praticamente nessuno dei lavoratori coinvolti nella vicenda, le cui dichiarazione sono state raccolte o acquisite in dibattimento, ha mai fatto cenno ad un ruolo attivo del M. nella vicenda.

Nicoli Giampaolo — impiegato per alcuni mesi alle dipendenze di M**-P****, in qualità di lavoratore edile, fra il 2014 ed il 2015 — ha dichiarato di avere fatto sempre riferimento al D. e di non avere mai avuto alcun rapporto con il M. (cfr. dich. ud. 18 luglio 2019).

Lo stesso vale in relazione al contenuto delle s.i.t. rese da E.Q., N.M., S.A., F.K., R.A., E.A.J., E.F.A., L.S., E.K. ed E.I.S. (prodotte dalla difesa Ri. all’udienza del 18 luglio 2019), nelle quali si fa talvolta riferimento a tale “Mauro” o “Maurizio”: in assenza di ulteriori elementi, non vi sono ragioni per ritenere che tale appellativo si riferisse al M. e non al D. — ipotesi per vero ben più probabile, anche in relazione alla collocazione spaziale degli incontri, nelle zone di Palazzolo sull’Oglio e di Capriolo, dove il secondo viveva e lavorava —.

Nessuno dei coimputati che si sono sottoposti ad esame (E.H., Rr., E.Q. e Ha.) ha fatto chiaro riferimento al ruolo del M., mentre le dichiarazioni rese in sede di interrogatorio dal M. risultano nei suoi confronti inutilizzabili (cfr. verb. ud. 4 febbraio 2020 e art. 513 co. 1 c.p.p.).

Vi è, da ultimo, il rilevantissimo dato rappresentato dal fatto che le firme apposte in calce alle lettere di assunzione allegate alle istanze per il rinnovo del permesso di soggiorno in atti, apparentemente riferibili all’amministratore unico di M**-P****, risultano tutte icto oculi diverse fra loro e soprattutto difformi da quella apposta dall’imputato in calce al verbale di interrogatorio, acquisito all’esito dell’udienza del 4 febbraio 2020: il che avalla la versione del D., secondo cui erano lui e soprattutto il suo collaboratore Ra. a sottoscrivere i contratti di lavoro, contraffacendola firma del M. (cfr. dich. ud. 16 giugno 2020).

Passando alla posizione di R.A.K. (rispetto al quale è stata la stessa Pubblica Accusa a chiedere l’assoluzione), si osserva che il nome di questi non compare mai in alcuna delle dichiarazioni rese in vari tempi ed a vario titolo dai lavoratori coinvolti nella vicenda oggetto del presente processo; ad escludere un qualche ruolo dell’imputato nella costituzione e avvio di M**-P**** sono stati pure i testi C. e B..

M. A. ha fatto sì riferimento ad un ruolo del Ri., mala sua deposizione sul punto pare verosimilmente fare riferimento alla vicenda del cantiere edile in Liguria, di cui ha pure parlato il D..

Sul punto, lo stesso Ri., in sede di esame, ha raccontato di essersi rivolto ai M. per coinvolgere la M**-P**** in un cantiere di Imperia, dove la società doveva figurare quale datrice di lavoro o subappaltatrice di alcuni operai kosovari ivi impegnati (si vedano, sul punto, pure le dichiarazioni del teste F.M.). Per il disbrigo formale delle pratiche necessarie si erano rivolti al commercialista D.M., che il Ri. conosceva da tempo. Dopo questo primo lavoro, il Ri. si era rivolto a M**-P**** anche per un cantiere di Montichiari ma, dopo che gli era stato fornito un DURC falso (non è chiaro se dallo stesso D. o dal M.) i rapporti con la società si erano bruscamente interrotti; nulla sapeva delle false assunzioni di cittadini extracomunitari.

In questo quadro, il ritrovamento dell’originale del verbale di perquisizione e sequestro, elevato a carico del D., all’interno dell’autovettura del Ri. (cfr. dich. Peluso), non appare di per sé dato sufficiente a superare il ragionevole dubbio circa il coinvolgimento dell’imputato nella vicenda; la circostanza trova plausibile spiegazione nelle parole del D., il quale ha riferito che, dopo avere subito la perquisizione, sentendosi in colpa per avere impiegato, a loro insaputa, le credenziali riferibili a M**-P**** per la assunzione degli stranieri, si era rivolto al Ri. o a Adriano M. (non ricordava bene), consegnando loro il verbale ed invitandoli a rivolgersi ad un legale.

D'altra parte, nulla di rilevante emerge dal contenuto della agenda sequestrata al Ri. nella medesima occasione (e prodotta dall’accusa), laddove si leggono soltanto una serie di calcoli e cifre apparentemente non riferibili ad una specifica vicenda.

Per tali ragioni, Ri. e M. debbono essere assolti, per non avere commesso il fatto, sia in relazione al delitto associativo loro ascritto al capo 25 sia dai singoli reati di falso — laddove non ritenuti radicalmente insussistenti, come si dirà oltre —.

Passando alla disamina dei delitti elencati dal numero 2 al numero 23 dell’imputazione, si osserva che non vi è in atti prova della sussistenza del falso ideologico per induzione (al rinnovo del permesso di soggiorno) contestato ai capi 2, 3, 4, 5, 6 e 7 dell’imputazione, posto che non è dimostrato l’effettivo rilascio del documento richiesto da M.H., R.A., F.K., V.M., M.A. ed A.H..

Quanto alla possibile riqualificazione di tali fatti ai sensi degli artt. 56, 48, 476, 479 c.p., ed ai tentativi di falsificazione contestati ai nn. 9 — 23 dell’imputazione, si ricorda che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, tale delitto non è integrato nel caso in cui il pubblico ufficiale non si sia determinato, in conseguenza delle false dichiarazioni rese dal privato, a porre in essere una condotta qualificabile come atto idoneo e diretto in modo non equivoco all'adozione di un provvedimento ideologicamente falso, poiché solo gli atti del pubblico ufficiale conseguenti alla induzione in inganno possono assurgere ad elemento del tentativo del falso commesso da quest'ultimo e non già il mero inganno del privato (Cass., sez. V, 13 dicembre 2007, n. 12034; Cass., sez. V, 17 maggio 2012, n. 28945).

Ebbene, in relazione ai fatti descritti ai nn. 2, 4, 5, 6, 7, 10, 12, 13, 15, 17, 22 (e relativi alle domande di M.H., F.K., V.M., M.A., A.H., R.T., H.N., M.E.H., D.R., Gjyligi Gentrit e H.R.), simili condotte — “ulteriori” e “indotte” — da parte del pubblico ufficiale “ingannato” non sono state allegate, né tantomeno dimostrate, sulla base della documentazione depositata, che in questi casi ha ad oggetto la sola istanza di rinnovo presentata dai lavoratori, con gli eventuali allegati, mentre non vi è alcuna evidenza di attività volta alla istruzione delle pratiche, posta in essere dai funzionari incaricati; addirittura, per V.M., l’istanza di rinnovo in atti risulta presentata dal lavoratore in forza di rapporto alle dipendenze di altro soggetto (tale D***** I*******).

Nemmeno è possibile riqualificare ulteriormente fatti sopra descritti ai sensi dell’art. 5 co. 8 bis d.lgs. 286/98, che punisce «chiunque contraffà o altera un visto di ingresso o reingresso, un permesso di soggiorno, un contratto di soggiorno o una carta di soggiorno, ovvero contraffà o altera documenti al fine di determinare il rilascio di un visto di ingresso o di reingresso, di un permesso di soggiorno, di un contratto di soggiorno o di una carta di soggiorno oppure utilizza uno di tali documenti contraffatti o alterati».

Come si vede, le condotte punite consistono nella contraffazione o nella alterazione dei documenti in questione, ovvero nell’utilizzo dei medesimi documenti contraffatti o alterati. Tali espressioni descrivono, evidentemente, condotte di falsificazione materiale (la prima consiste nel porre in essere un atto che non preesisteva, o fare apparire come proveniente da un dato soggetto, autorizzato ad emetterlo, un documento redatto ex novo da un diverso autore; la seconda consiste nella modificazione realizzata in un qualsiasi modo di un elemento dell’atto, dopo che lo stesso sia stato definitivamente formato dall’ente autorizzato ad emetterlo); non ricadono nell’ambito della norma in questione le condotte di falsificazione ideologica dei medesimi documenti, ossia quelle che ne compromettono la veridicità, intesa come conformità al vero delle dichiarazioni in essi contenute.

La fattispecie non è quindi nemmeno astrattamente ravvisabile nel caso di specie, laddove la falsità che si contesta nei capi di accusa ha per oggetto la simulazione di un rapporto di lavoro, che si traduce nella falsità ideologica dei contratti e dei listini paga che servivano a suffragare la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno (si vedano, in questo senso, pure le dichiarazioni del D.: «No, non esisteva nessun rapporto… la gente ... gli stranieri non andavano a lavorare ... era solo carta ...» (cfr. pp. 4 e 5 verb. ud. 16 giugno 2020).

In ogni caso e per concludere sul punto, si osserva che, richiedendo la norma la destinazione finalistica della condotta al “rilascio” di un titolo abilitativo al soggiorno, la stessa non può attagliarsi ai casi di cui si discute (aventi ad oggetto, come si è detto, il mero “rinnovo” di tali titoli).

Per quanto riguarda i tentativi di falso per induzione contestati ai capi 16, 18, 19, 20 e 21, nonché l’episodio, così riqualificabile, di cui al capo 3, in relazione ai quali risulta documentata l’oggettività del reato — dal momento che vi è in atti prova dell’istruzione

delle domande di rinnovo dei permessi, poi culminata nel rigetto del medesimi — stima

il collegio che non sia dimostrato il necessario dolo in capo ai lavoratori extracomunitari imputati (E.Q.N., D.R., E.H.H., J.A.e R.E.).

E.Q.N. ha riferito di avere lavorato, quale addetta alle pulizie fra il 2014 ed il 2015, in alcuni edifici industriali della provincia di Brescia; per quanto ne sapeva lei, la società datrice di lavoro era M**-P**** ed i suoi referenti erano un certo Maurizio e tale Abdelrahim (cfr. dich. ud. 4 febbraio 2020).

E.H.H. ha riferito che, nel 2015, un certo I.A. gli proponeva di lavorare per M**-P****, in alcuni cantieri su strada in Valle Camonica; tuttavia, a contrariamente a quanto promesso, non era mai stato regolarizzato, né gli erano stati versati i contributi INPS (cfr. dich. ud. 21 maggio 2020).

Dal contenuto delle già citate s.i.t. depositate all’esito dell’udienza del 4 febbraio 2020 emerge poi complessivamente che i lavoratori interessati prestavano effettivamente una qualche attività lavorativa (nel settore edile piuttosto che nel ramo delle pulizie) o erano in procinto di iniziarla, dopo essere stati reclutati; alcuni erano convinti di lavorare per M**-P****, altri avevano scoperto che questa società era la loro datrice solo dopo avere ricevuto i documenti di assunzione o visionato le comunicazioni UNILAV. I loro referenti, oltre a “Mauro” o “Maurizio”, erano spesso cittadini extracomunitari.

D'altra parte, lo stesso D. ha ammesso di non essere certo che i soggetti che si presentavano presso il suo studio a Capriolo fossero proprio i lavoratori di cui curava l’assunzione: in alcuni casi gli veniva portata soltanto copia di documenti di identità, in altri era egli stesso ad accorgersi della non corrispondenza fra l’aspetto delle persone e l’effige ritratta sui documenti, in altri ancora era certo che a rivolgersi a lui fossero altri cittadini stranieri, in qualità di “intermediari”, che talvolta cercavano pure di ottenere un compenso da questa attività.

Ed allora, alla luce di tutto quanto illustrato, non vi è tranquillizzante prova che gli imputati menzionati fossero a conoscenza del fatto che M**-P**** non era la loro vera datrice di lavoro, quanto piuttosto un soggetto che si interponeva fittiziamente fra loro e i soggetti che li avevano realmente reclutati, sfruttandone le prestazioni lavorative (e di fatto impiegandoli “in nero”).

D'altra parte, la modesta somma che alcuni lavoratori accettavano di pagare — che non è comunque dimostrato che E.Q.N., D.R., E.H.H., Joud

Azeddine e R.E. abbiano in effetti corrisposto — poteva ben essere dagli stessi ritenuta quale “compenso” riservato agli intermediari (spesso stranieri) per avere loro procurato un impiego apparentemente regolare (alle dipendenze di M**-P**** s.r.l.).

Questi imputati vanno quindi assolti dalle rispettive contestazioni, poiché il fatto non costituisce reato; mentre l’assoluzione del M. e del Ri. dai residui fatti di tentativo di falso per induzione (capi 3, 9, 11, 14 e 23) discende da tutto quanto sopra esposto in relazione alla fattispecie associativa (capo 25).

P.Q.M.

Repubblica Italiana

In nome delPopoloItaliano

Il Tribunale di Brescia, Sezione Seconda Penale

Visto l'articolo 530 c.p.p.,

assolve M.M. e R.A.K. dai reati loro ascritti ai capi 1, 2, 4, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 13, 15, 17, 22 perché il fatto non sussiste e dai reati a loro ascritti ai capi 3, 9, 11, 14, 16, 18, 19, 20, 21, 23, 25 per non avere commesso il fatto.

Assolve F.K., V.M., M.A., A.H., R.T., H.N., M.E.H., D.R., G.G. e H.R. dai reati loro rispettivamente ascritti perché il fatto non sussiste.

Assolve E.Q.N., D.R., E.H.H., J.A. e R.E. dai reati loro rispettivamente ascritti perché il fatto non costituisce reato.

Visto l'articolo 544, comma3, c.p.p., fissa in sessanta giorni il termine per il deposito della motivazione.

Così deciso in Brescia, il 16 giugno 2020

Il Presidente est.

Dott.ssa Angela Corvi

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