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  • Avv. Stefano Paloschi

No alle pregiudiziali tributarie nel processo penale

Nel procedimento penale non valgono le regole probatorie fissate in via generale dalla legge, dovendo il Giudicante valutare la prova dando conto nella motivazione di risultati acquisiti e dei criteri adottati


Nel procedimento penale il Giudice deve esprimere il proprio convincimento prescindendo da qualsiasi valutazione pregiudiziale effettuata nell’ambito di altri procedimenti civili, amministrativi e tributari, avendo l’unico vincolo nell’art. art 3 c.p.p. (questioni pregiudiziali sullo stato di famiglia e sulla cittadinanza). Fuori da tali casi la presunzione andrà valutata prudentemente dal Giudice secondo i criteri dell’art. 192 co. 2 c.p.p. per il quale la prova nel procedimento penale deve derivare da indizi che abbiano i requisiti di gravità, precisione e concordanza.

In particolare, con riferimento al reato di cui all’art. 5 D. L.vo 74/2000, la presunzione valente nel processo tributario, secondo la quale l’assenza di documentazione contabile relativa ai costi sostenuti dall’impresa equivale a mancanza di elementi da documentare, non può trovare applicazione nel procedimento penale.





Pertanto la sola circostanza che l’imputato non abbia esibito alcun documento relativo ai costi sostenuti dall’impresa, che l’accusa non dubita sia stata accertata avendo contestato il reato di cui all’art. 5 D. L.vo 74/2000, nel processo penale non legittima, in assenza di altri indizi gravi, precisi e concordanti, la determinazione dei redditi sulla base delle sole fatture di vendita e di conseguenza, non potendosi quantificare l’esatto ammontare del capitale rilevante ai fini della determinazione dell’esatto ammontare dell’imposta evasa, il reato non sussiste.

Con riferimento all’art. 10 del medesimo D. Lvo va altresì specificato che la condotta di occultamento deve insistere direttamente sull’oggetto da nascondere, non potendosi invece ricondurre alle mere ipotesi di falsa dichiarazione resa agli agenti tributari.

I rilevanti poteri istruttori, tra cui quelli d’ispezione, esercitabili nel procedimento tributario, che incontrano reali difficoltà nel caso di materiale nascondimento di oggetti, non verrebbero di per sé pregiudicati da false dichiarazioni.

Presupposto per giungere a una penale responsabilità dell’imputato in tal senso sarebbe la prova della falsità della dichiarazione al di là di ogni ragionevole dubbio e non meramente sulla base, ancora una volta, di presunzione di verosimiglianza. L’assenza di tale accertamento deve determinare l’assoluzione dell’imputato.


 

N. 13059/2019 R.G. MOD. 21

N. 893/2020 R.G. G.I.P.


Sentenza n. 327

pronunciata il 3 marzo 2021

depositata il 5 marzo 2021


REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

IL TRIBUNALE DI BRESCIA

Sezione G.i.p./G.u.p.


nella persona del giudice dell'udienza preliminare, dott. Christian Colombo, all’udienza del 3 marzo 2021 ha pronunciato la seguente


SENTENZA


nel processo penale definito con rito abbreviato (1) nei confronti di

P.S.S., nato a XXX il 00/00/0000, con domicilio eletto (2) presso lo studio del difensore di fiducia

LIBERO — ASSENTE

difeso di fiducia (3) dall’avvocato Stefano Paloschi [Foro di Brescia]


IMPUTATO


dei seguenti reati:


1. articoli 99 commi 2 e 3 c.p. e 5 Decreto legislativo 74/2000 perché, nella qualità di titolare della ditta Alfa, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, non presentava, essendovi obbligato, le dichiarazioni relative a dette imposte per l’anno d’imposta 2016, con conseguente I.R.P.E.F. evasa per complessivi Euro 93.094,17 e IVA evasa per complessivi Euro 51.123,22.


Con recidiva specifica e infraquinquennale.


In XXX il 00/00/0000 (90 giorni successivi alla scadenza Modello Unico Redditi PF 2017) e il 2 giugno 2017 (90 giorni successivi alla scadenza del Modello IVA 2017).


2. articoli 99 commi 2 e 3 c.p. e 10 Decreto legislativo 74/ 2000 perché, nella qualità di titolare della ditta Alfa, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, occultava o distruggeva le scritture contabili e i documenti di cui è obbligatoria la conservazione e, in particolare, le fatture di vendita di seguito indicate, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume di affari:

a] fattura n. 6 del 29.2.2016 emessa nei confronti di Beta S.R.L.

b) fattura n. 9 dell’11.4.2016 emessa nei confronti di Beta S.R.L.

c] fattura n. 24 del 30.5.2016 emessa nei confronti di Beta S.R.L.

d) fattura n. 5 del 29.2.2016 emessa nei confronti di Gamma S.r.l.

e) fattura n. 8 del 30.6.2016 emessa nei confronti di Delta

f] fattura n. 36 del 31.10.2016 emessa nei confronti di Delta

g) fattura n. 25 del 31.10.2016 emessa nei confronti di Epsilon S.r.l.

h) fattura n. 29 del 29.7.2016 emessa nei confronti di Epsilon S.r.l.

i] fattura n. 35 del 30.9.2016 emessa nei confronti di Epsilon S.r.l.

j] fattura n. 12 del 28.4.2016 emessa nei confronti di Zeta S.r.l.

k] fattura n. 15 del 16.5.2016 emessa nei confronti di Zeta

s.r.l.1) fattura n. 16 del 17.5.2016 emessa nei confronti di Zeta S.r.l.


Con recidiva specifica e infraquinquennale.


ln XXX il 27 marzo 2019


CONCLUSIONI

Il pubblico ministero ha chiesto la condanna alla pena di anni 2 mesi 4 di reclusione.

La difesa ha chiesto: in via principale l’assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato

e in via subordinata riconosciute le circostanze generiche la condanna a pena determinata nel minimo edittale con benefici di legge.


Motivi della decisione (4)

In un procedimento penale tendenzialmente (5) non valgono regole probatorie fissate in via generale dalla legge dovendo il giudice valutare la prova dando conto nella motivazione di risultati acquisiti e dei criteri

adottati.

Di conseguenza la forza di presunzioni previste dalla legge, anche se c.d. relative (6), andrà valutata prudentemente dal giudice secondo le indicazioni dell’articolo 192 comma 2 c.p.p. secondo cui “l’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti".


Pertanto le presunzioni che connotano il procedimento e il processo tributario non avranno sufficiente forza esplicativa nel procedimento penale nel caso in cui non presentino le caratteristiche degli "indizi” indicate dall’articolo 192 comma 2 c.p.p., ossia:

. la certezza dei singoli dati [precisione] (7)

. l’univoca direzione di più dati verso un’unica ipotesi esplicativa [convergenza]

. la serietà dell’ipotesi così formulata derivante dall’adeguatezza al caso di regole scientifiche o d’esperienza, dalla forza esplicativa delle leggi/massime utilizzate (8) e dall’assenza di altre verosimili ipotesi (gravità).


Venendo ora al nucleo dell’accusa va evidenziato come i dati su cui essa si fonda si presentano come indiziari: si tratta di informazioni esterne alla fattispecie tipica da cui, in forza di massime di esperienza, sarebbe possibile trarre la prova dei fatti contestati.

Va, quindi, esaminata la consistenza di tali dati e l’affidabilità della regola d’esperienza che li possa unificare in una complessiva ipotesi ricostruttiva dell’accaduto. (9)

In particolare secondo l’accusa le fatture di vendita elencate al capo 2 dell’imputazione sarebbero indicative di redditi percepiti dall’imputato sulla cui sola base, in assenza di documentazione relativa ai costi sostenuti per l’attività d’impresa, sarebbe possibile calcolare le imposte sui redditi delle persone fisiche e l’IVA.

In sintesi dall’assenza di documentazione potrebbe essere inferita l’assenza dei relativi costi: si tratta di una presunzione prevista per il procedimento tributario e basata sul fatto che l’imprenditore, essendo interessato a dedurre costi della sua attività e obbligato alla tenuta della documentazione contabile, dovrebbe essere in possesso delle scritture, con la conseguenza che un’assenza in tal caso non sarebbe solo un dato neutro ma significativo della mancanza di elementi da documentare.

Questa presunzione, che semplifica notevolmente l’istruttoria del potere impositivo riguardante beni di spessore inferiore a quelli colpiti dalle fattispecie criminose, è fondata su un modello di agire razionale, ossia interessato e calcolante rischi-benefici, che, tuttavia, non trova riscontro in tutte le situazioni concrete. È noto, infatti, come sia altrettanto diffuso un modello di comportamento alternativo per cui l’importante di un’impresa è l’attività produttiva o commerciale svolta e la vittoria sui concorrenti di

mercato e non la correlata attività burocratica di documentazione della stessa. Ciò comporta un disinteresse verso tale tipo di attività con delega d’esecuzione ad esperti in materia [i consulenti d’azienda specializzati in assistenza fiscale] oppure con gestioni interne all’azienda spesso connotate da disattenzione, approssimazioni e irregolarità.

Il percorso alternativo sopra delineato esclude che l’omessa presentazione di documentazione ai responsabili del procedimento tributario possa essere realmente significativa di pregresse circostanze come, ad esempio, la percezione di redditi, l’aver sostenuto costi, l'occultamento o la distruzione di documenti, potendo il tutto spiegarsi semplicemente con una cattiva e superficiale gestione dell’attività burocratica collegata all’impresa.

In conseguenza di ciò la sola circostanza che l’imputato non abbia “esibito alcun documento relativo ai costi sostenuti dall’impresa”, che l’accusa non dubita sia stata esercitata avendo contestato il reato di cui all’articolo 5 Decreto legislativo 74/2000, nel processo penale non legittima – in assenza di altri specifici, precisi e concreti elementi (10) — la determinazione dei redditi sulla sola base delle fatture di vendita (in uscita), come, al contrario, possibile all’interno del procedimento tributario: il reato di cui al capo 1 non sussiste.

Medesima conclusione va raggiunta in ordine al residuo reato.

Due sono le possibili interpretazioni del fatto descritto al capo 2 dell’imputazione. Secondo la prima il rifiuto verbale opposto all’invito dei responsabili del procedimento tributario di esibire le fatture di vendita

sostanzierebbe l’"occultamento” previsto dalla norma, mentre in base alla seconda da tale fatto potrebbe essere inferito l’occultamento o la distruzione avvenuti nel passato. La circostanza che nell’imputazione sia

indicata come data di consumazione il 27 marzo 2019, quando l’imputato comunicava per iscritto di aver smarrito la documentazione conduce a identificare tale dichiarazione come la condotta di occultamento.

Sul punto va evidenziato come il verbo utilizzato dalla norma “occultare” indichi a livello semantico un campo di condotte di maggior spessore materiale di quelle dichiarative: si tratterebbe di azioni esercitate direttamente sull’oggetto da nascondere.

Se interpretato diversamente l’occultamento si ridurrebbe alla menzogna, alla falsa dichiarazione ai soggetti che conducono l’istruttoria tributaria.

Tuttavia i rilevanti poteri istruttori, tra cui quelli d'ispezione, esercitabili nel procedimento tributario, che incontrano reali difficoltà nel caso di materiale nascondimento di oggetti, non verrebbero di per sé pregiudicati solo da false dichiarazioni. È evidente come anche dal punto di vista del bene giuridico tutelato dalla norma e della correlata offesa le condotte di occultamento materiale e dichiarativo siano ben diverse e, perciò, non dovrebbero essere trattate in modo identico. Tutto questo vale a sostenere che l'occultamento richiesto dalla norma non possa consistere in una falsa dichiarazione.

Anche nel caso in cui si dovesse considerare la dichiarazione resa dell’imputato nel procedimento tributario come sintomatica di un pregresso occultamento reale delle scritture contabili la conclusione non cambia.

Prima di operare la ricostruzione del fatto secondo la prospettazione dell'accusa sarebbe necessario dimostrare la falsità della dichiarazione dell’imputato. Tuttavia in un processo penale definibile con una condanna nel solo caso in cui l’accusa superi il “ragionevole dubbio” tale conclusione non può essere raggiunta sulla sola base di una sua scarsa plausibilità. A maggior ragione nel caso in cui — come detto — non sia inverosimile che un imprenditore abbia gestito malamente la documentazione contabile, come non può essere escluso nel caso di specie, in cui alcune fatture venivano reperite dalla guardia di finanza.

In conclusione, esclusa la validità dell’argomento di verosimiglianza sotteso all'ipotesi accusatoria. non ci sono motivi per sostenere l'esistenza del fatto descritto al capo 2 dell'imputazione.

La quantità del materiale da esaminare e la natura delle questioni da affrontare per giungere alla decisione rendono ragione del termine indicato, ai sensi dell’articolo 544 c.p.p., nel dispositivo come necessario per la redazione della sentenza.


Per questi motivi


Visto l’articolo 530 c.p.p. assolve P. S. S. dai reati ascritti perché il fatto non sussiste.

Indica in trenta giorni il termine per il deposito della motivazione.


Brescia 3 marzo 2021



Il giudice

dott. Christian Colombo


1 Disposto all’udienza del 23 settembre 2020

2 Il 26 novembre 2019

3 Nominato il 26 novembre 2019

4 Il processo è stato definito con rito abbreviato disposto all’udienza del 23 settembre 2020

5 Si vedano i casi in cui il giudice penale è vincolato all'accertamento operato da altri giudici

6 Con onere della parte nei cui confronti viene utilizzata la presunzione di fornire prova contraria a quella desumibile secondo la legge

7 Se fosse possibile procedere inferire i dati su cui è fondata la prova indiziaria a partire da altri indizi la "sequenza” probatoria non avrebbe una solida base, ossia dati riguardanti il fatto da provare in via diretta senza mediazione argomentative che, necessariamente a causa dell’esistenza di "passaggi”, indeboliscono la forza della conclusione

8 Massima per le "leggi" scientifiche e medio/bassa per massima di esperienza

9 Trattandosi di un argomento di vero-simiglianza va esaminato [come. tra l’altro, accade per le leggi scientifiche di valenza universale]: e se la regola sia sufficientemente affidabile (ossia se sia fondata su un idoneo numero di ripetizioni osservate e condivise] ' se l’evento rientri in quelli tipici delineati nella massima d’esperienza . se il corso degli eventi possa trovare spiegazione in altre circostanze o massime. L’onere di acquisire ed evidenziare dati e passaggi sopra indicati è a carico dell‘accusa. Di conseguenza nel caso in cui una massima di esperienza venga affermate apoditticamente [senza evidenti prove di fatti o circostanze] è ben possibile per la difesa replicare, ipotizzando in via alternativa, senza onere di indicazione di specifici elementi di fatto: infatti, argomentando in senso contrario, l’onere di introdurre fatti e argomenti sarebbe capovolto.

10 Di certo non sarebbe sufficiente la circostanza che nel 2014, ossia 4 anni prima dei fatti per cui si procede, l’imputato abbia patteggiato [non è necessario fare riferimento alle difficoltà di individuare la natura di tale pronuncia] una pena in ordine al reato di cui all’articolo 10 D. L.vo 74/2000.

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