L’azione civile nel processo penale di un ente territoriale ove si sia verificato un delitto richiede il rispetto di requisiti stringenti, non sempre esistenti
Il codice di procedura penale riconosce agli enti ed alle associazioni rappresentative di interessi lesi dal reato (art. 91 c.p.p.) la possibilità di intervenire nel processo, con gli stessi diritti della persona offesa dal reato (art. 90 c.p.p.).
Presupposto è che all’ente, anteriormente al fatto per cui si procede, siano state riconosciute da atto avente forza di legge finalità di tutela dell’interesse leso dal reato.
Accertato tale presupposto (vedremo a breve come), l’ente può intervenire in giudizio entro il termine per la costituzione delle parti, purché abbia il consenso della persona offesa (art. 92 c.p.p.), che può essere dato ad un solo ente; nel processo, l’ente rappresentativo avrà gli stessi diritti e facoltà della persona offesa: potrà cioè indicare al giudice elementi di prova e presentare memorie (art. 90 c.p.p.), formulare domande o richieste solo per mezzo del Presidente (art. 505 c.p.p.) ai testimoni, periti, consulenti tecnici e alle parti private sottoposte ad esame; non potrà avanzare pretese risarcitorie.
Laddove invece l’ente o l’associazione intenda costituirsi parte civile, facendo valere un diritto iure proprio e chiedendo dunque un ristoro economico per danno subito, deve possedere la titolarità di diritti soggettivi proprî, ulteriori e distinti rispetto a quelli dei singoli associati, lesi dalla condotta penalmente illecita.
L’accertamento circa la sussistenza di una lesione dei diritti “propri” in capo all’ente passa necessariamente attraverso la verifica dell’esistenza di alcuni elementi concreti.
Anzitutto, l’ente collettivo deve essersi costituito antecedentemente al reato. Occorre poi che lo scopo dell’ente (ricavabile dallo Statuto dello stesso) coincida o, comunque, includa in maniera esplicita la tutela di un interesse riconducibile al bene giuridico leso dal reato e che, inoltre, attenga in via esclusiva e specifica al suo perseguimento; giurisprudenza di merito del Tribunale di Milano si è spinta sino ad affermare che le finalità dell’ente non debbano essere rimaste “sulla carta”, ma occorre che si siano tradotte in una concreta e continuativa attività volta al perseguimento dello scopo prefisso, requisito che non risulta integrato da una mera attività di informativa e/o di denuncia, ma deve concretizzarsi in attività fattive e concrete (così G.i.p. Tribunale di Milano ord. 14.5.2015; G.i.p. Tribunale di Milano ord. 11.5.2017; Tribunale di Milano – sez. VII penale ord. 20.7.2018; Tribunale di Milano sez. X penale ord. 17.10.2017).
L’ente, inoltre, deve avere un legame territoriale effettivo con il luogo ove il reato si è consumato (Cass., sez. III, 5 ottobre 2017, n. 4562).
L’ente o l’associazione che aspiri ad entrare in sede penale ha inoltre uno specifico onere di allegazione e di prova, sin dalla fase di costituzione, volto a dimostrare il suo diritto di agire alla luce dei requisiti suesposti, che consentono di ritenere in concreto radicata in capo all’ente collettivo la qualità di danneggiato dal reato ex art. 74 c.p.p. e 185 c.p., supportando tali affermazioni con altri elementi di valutazione, idonei a dar conto dell'esistenza di una lesione, in concreto, del diritto tutelato e del nesso causale tra tale pregiudizio e il delitto (Cass., sez. II, 8 marzo 2019, n. 10215), come pure la sussistenza del danno non patrimoniale deve essere oggetto di allegazione e prova da parte dell’associazione che ne invochi il risarcimento, con la specificazione dei relativi elementi di valutazione come altrettante asserzioni del diritto previsto dall’art. 185 c.p. in termini generali, dai quali è dato dimostrare la lesione del suo diritto… e il nesso causale tra il danno asseritamente subito e il delitto (Cass., sez. V, 27 ottobre 2016, n. 1819).
L’ordinanza che si commenta, pronunciata dal Giudice per le Indagini Preliminari di Busto Arsizio, ben distingue tra le figure della parte civile e dell’ente rappresentativo, evidenziando come “la legittimazione alla costituzione di parte civile degli enti e associazioni esponenziali deve trovare la sua soluzione nella disciplina dell'illecito civile. Se danno civile risarcibile esiste (nel senso che è astrattamente ipotizzabile) l'ente esponenziale può costituirsi parte civile nel processo penale. Diversamente, ove ne esistano i presupposti, potrà intervenire nel processo penale ex art. 91 c.p.p.”; infatti “è il danno subito a causa del reato che qualifica la costituzione di parte civile, mentre l'istituto dell'intervento degli enti e associazioni è piuttosto assimilabile all'intervento della persona offesa e quindi ha un carattere più ricollegabile al danno criminale (in questo senso si parla di intervento ad adjuvandum nei confronti del P.M.)”.
Tuttavia, prosegue il Giudice bustocco, gli enti sono legittimati all'azione risarcitoria, anche in sede penale mediante costituzione di parte civile, ove dal reato abbiano ricevuto un danno a un interesse proprio, sempre ché l'interesse leso coincida con un diritto reale o comunque con un diritto soggettivo del sodalizio, e quindi anche se offeso sia l'interesse perseguito in riferimento a una situazione storicamente circostanziata, da esso sodalizio preso a cuore e assunto nello statuto a ragione stessa della propria esistenza e azione come tale oggetto di un diritto assoluto ed essenziale dell'ente.
È per questi motivi e per questi principî che il Giudice ha respinto la richiesta di costituzione di parte civile avanzata da parte di un Comune ove si era verificato un grave delitto di femminicidio, considerando come lo Statuto comunale non perseguisse quale proprio interesse essenziale la lotta alla violenza alle donne, limitandosi a garantire genericamente la parità tra i generi. Le iniziative poste in essere dal suddetto Comune, inoltre, avevano solo finalità informative, senza tradursi in concrete e fattive attività di contrasto al femminicidio.
Il Comune in questione non può ritenersi titolare di un interesse diffuso, di per sé; diversamente opinando, tutti i Comuni ove si verifichi un reato di forte impatto sociale potrebbero avanzare richiesta di costituzione di parte civile nel conseguente procedimento penale.
Nel caso di specie, inoltre, il Comune lamentava anche un danno d’immagine, che tuttavia non risultava concretamente configurabile in quanto l’eco mediatica riservata al caso rappresentava lo stesso unicamente come locus commissi delicti, senza discendenze negative in capo alla cittadina o all’amministrazione comunale.
Si tratta di decisione condivisibile, che abbraccia una giurisprudenza di merito che dimostra di fare una attenta selezione dei soggetti effettivamente legittimati a costituirsi parte civile, e per la quale gli enti rappresentativi degli interessi lesi dal reati fanno solo eccezionalmente ingresso nel processo con la costituzione come danneggiati dal reato stesso.
La logica conseguenza di tale approdo è il ricondurre la modalità fisiologica di partecipazione degli enti collettivi al processo penale entro l’alveo naturale dell’intervento adesivo contemplato dall’art. 91 c.p.p., come del resto esplicitamente afferma il Giudice nell’ordinanza.
n. 1994/22 RGNR
n. 1794/22 RGGIP
TRIBUNALE DI BUSTO ARSIZIO
SEZIONE GIP — GUP
Il Giudice per le indagini preliminari dr.ssa Piera BOSSI
*Sugli atti di costituzione di parte civile avanzati dalle pp.oo.
1. M.G. (madre) n. *** il *** con l'Avv. Manuela SCALIA del Foro di Busto Arsizio
2. M.F. (padre) n. *** il ***, difeso di fiducia dall'Avv. Ermanno TALAMONE del Foro di Busto Arsizio (ivi elettivamente domiciliato);
3. B.C. (figlio po) , nato a *** il ***, residente a *** via *** rappresentato dal padre B.M., nato a *** il ***), difeso di fiducia dall'Avv. RAGO Annamaria del Foro di Verona;
4. B.M. (padre di C.) n. *** il *** con l'avv. V. Villani del Foro di Verona
5. Comune di R***, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore I.G.A., sedente in R***, Piazza ***, difeso di fiducia dall'Avv. Simona GARAVAGLIA del Foro di Busto Arsizio;
*Sentito il P.M. che ha rilevato la carenza dei presupposti di legge per la costituzione di parte civile unicamente in capo all'ente locale del Comune di R***.
* Letti i difensori dell'imputato che si sono associati alle deduzioni svolte dal P.M.
*Ritenuto che non sussistono ragioni ostative all'ammissione delle costituzioni di P.C. dei familiari di M.C. (figlio, padre del figlio, genitori), derivante dalla sussistenza di un danno diretto e personale dalla perdita parentale;
*Valutato, per contro, che la costituzione di parte civile del Comune di R*** non possa ritenersi ammissibile;
Il Comune di R*** assume di essere legittimato a stare in giudizio non già quale mero interveniente ai sensi dell'art. 91 e segg. c.p.p., ma in veste di parte civile che avanza "iure proprio", ai sensi dell'art, 74 c.p.p., la pretesa risarcitoria in quanto assume di avere subito, per effetto del reato, un danno autonomo e diretto, in termini di danno all'immagine.
Orbene è pacifico che il danno patito, e fatto valere in questa sede giudiziale, può anche consistere nell'offesa all'interesse perseguito dal sodalizio, posto nello statuto a ragione istituzionale della propria esistenza ed azione, con l'effetto che ogni violazione a tale interesse si configura come lesione di un diritto soggettivo inerente alla personalità o identità dell'ente (Cass., Sez. 3, 3/17.10.2007 n. 38290).
Come chiarisce la S.C. con la sentenza n. 4981/2004. non sussiste alcuna sovrapponibilità degli istituti dell'intervento ex art. 91 e della costituzione di parte civile, e che i presupposti per la costituzione di parte civile vanno individuati nell'art. 74 c.p.p. e nel richiamato (dal medesimo art. 74) art. 185 cod. pen.-, occorre quindi verificare se i.l soggetto sia titolare di una posizione giuridica soggettiva che possa essere rimasta danneggiata dal reato. È il danno subito a causa del reato che qualifica la costituzione di parte civile, mentre' l'istituto dell'intervento degli enti e associazioni è piuttosto assimilabile all'intervento della persona offesa e quindi ha un carattere più ricollegabile al. danno criminale (in questo senso si parla di intervento ad adjuvandum nei confronti del P.M.) che non al danno civilisticamente inteso.
Ne discende quindi — afferma la pronuncia di cui sopra — che la legittimazione alla costituzione di parte civile degli enti e associazioni esponenziali deve trovare la sua soluzione nella disciplina dell'illecito civile. Se danno civile risarcibile esiste (nel senso che è astrattamente ipotizzabile) l'ente esponenziale può costituirsi parte civile nel processo penale. Diversamente, ove ne esistano i presupposti, potrà intervenire nel processo penale ex art. 91 c.p.p..
Nella stessa sentenza si dà poi conto dell'evoluzione formatasi in dottrina e giurisprudenza negli ultimi anni, nel senso che si è via via imposta, in tali ambiti, una visione assai meno riduttiva dell'illecito, con l'affermazione dell'estensione della risarcibilità del danno ben al di là della violazione dei diritti soggettivi assoluti, fino a ricomprendervi la violazione dei diritti (relativi) di credito (tutela aquiliana del credito), di interessi legittimi (cfr. Cass. SU 22 luglio 1999 nn. 500 e 501), di interessi diffusi, di aspettative. E. mentre in passato il danno poteva considerarsi ingiusto solo se ledeva. un diritto che la legge attribuiva esplicitamente ad un soggetto, in base a questi più recenti, orientamenti questa qualificazione (appunto, dì ingiusto) può aversi anche nei casi in cui un soggetto, non esplicitamente autorizzato da una norma (e qualche volta anche se autorizzato) arrechi un danno ad un terzo non necessariamente titolare di un diritto soggettivo.
Sulla base di tale posizione raggiunta in sede giurisprudenziale che indica, sul versante codicistico nell'art. 2043 c.c. una vera e propria clausola generale di responsabilità civile piuttosto che mera norma ricognitiva, e sul versante costituzionalistico nell'art. 2, improntato ad una visione solidaristica della società, e nell'art. 32 cost a tutela della salute, non è più il diritto soggettivo (tanto meno quello assoluto) che, se leso, è oggetto di tutela giurisdizionale, bensì. tutte le lesioni di posizioni giuridiche protette sono astrattamente idonee a provocare un danno a chi ne è titolare e a giustificare quindi l'esistenza di un diritto di azione per la sua riparazione.
Occorre però subito aggiungere che gli enti sono legittimati all'azione risarcitorie, anche in sede penale mediante costituzione di parte civile, ove dal reato abbiano ricevuto un danno a un interesse proprio, sempreché l'interesse leso coincida con un diritto reale o comunque con un diritto soggettivo del sodalizio, e quindi anche se offeso sia l'interesse perseguito in riferimento a una situazione storicamente circostanziata, da esso sodalizio preso a cuore e assunto nello statuto a ragione stessa della propria esistenza e azione come tale oggetto di un diritto assoluto ed essenziale dell'ente. Ciò sia a causa dell'immedesimazione fra l'ente stesso e l'interesse perseguito, sia a causa dell'incorporazione fra i soci ed il sodalizio medesimo, sicché questo, per l’affectio societatis verso l'interesse prescelto e per il pregiudizio a questo arrecato, patisce un'offesa e perciò anche un danno non patrimoniale dal reato.
Tant'è che ci sono infatti gruppi o collettività che hanno fatto di un determinato interesse l'oggetto principale, essenziale, della propria esistenza, di talché l'interesse stesso è diventato elemento interno e costitutivo del sodalizio e co.:me tale ha assunto la consistenza di diritto soggettivo.
Orbene, applicando tali principi al caso in. esame, questo giudice non ravvisa nello Statuto del Comune di R*** alcuna disposizione che consenta di affermare che la lotta alla violenza contro le donne sia un interesse perseguito ed essenziale all'ente .locale, parlando lo Statuto (art. 4) unicamente e genericamente di garanzia di tutela della pari opportunità tra uomo e donne.
Né sotto questo profilo possono rilevare le iniziative (pur lodevoli) adottate dal a Comune (cfr. all. 3-5 atto di costituzione) che attengono al mero profilo informativo di contrasto al fenomeno del femminicidio. e non costituivo e rappresentativo dell'interesse perseguito.
Dunque il Comune di R*** non è legittimato a costituirsi pc come titolare di un interesse diffuso.
Riguardo al danno all'immagine attivato nell'atto in esame deve rilevarsi che in astratto qualunque reato commesso da privati in danno di privati può produrre un danno all'Ente territoriale, ma perché sia riconosciuta la legittimità alla costituzione come parte civile del Comune che invoca un danno all'immagine, occorre che tale danno sia concretamente configurabile.
Nel caso di specie non si comprende come i fatti in contestazione possano aver creato un vulnus all'immagine dell'Ente locale, sub specie di perdita di prestigio e di considerazione da parte dei consociati posto che nella rassegna stampa allegata (cfr. 5-12) R*** emerge solo come locus commissi delicti e non con altre connotazioni negative. Né la difesa ha assolto in altro modo l'onere di allegazione probatoria.
L'unico articolo in tal senso che indica il comune di R*** come "un posto pericoloso" è riferito ad altra vicenda (l'omicidio dei boschi) non afferente a quello in contestazione a F.
Dunque anche sotto questo profilo la costituzione non pare ammissibile.
Visti gli artt. 74 ss. c.p.p. e 438 ss c.p.p.
P.Q.M.
Ammette le costituzioni di parte civile di
M.G.
M.F.
B.C. rapp.to da B.M.
B.M. (in proprio)
Rigetta l'atto di costituzione di parte civile del Comune di R***
Dispone procedersi oltre nella discussine della richiesta di riti alternativi avanzata dalla difesa dell'imputato.
Busto Arsizio 13 ottobre 2022
Il Giudice per le preliminari
dott.ssa Bossi
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