Precedenti violazioni della normativa in materia di reati stradali, quantunque estinti tramite lo svolgimento di lavoro di pubblica utilità, sono apprezzabili dal giudice - unitamente alle modalità concrete del fatto - al fine del giudizio prognostico di futura astensione dalla commissione di reati previsto dall'art. 464 quater comma 3 c.p.p.
La disciplina della sospensione del processo con messa alla prova, introdotta tramite l. 28.04.2014, n. 67, è una modalità alternativa di definizione del processo, attivabile sin dalla fase delle indagini preliminari, mediante la quale è possibile pervenire ad una pronuncia di proscioglimento per estinzione del reato, laddove il periodo di prova cui acceda l'indagato / imputato, ammesso dal giudice in presenza di determinati presupposti normativi, si concluda con esito positivo.
L'istituto era già presente nell'ordinamento giudiziario italiano, sia pure confinato al rito minorile. Attraverso la novella del 2014 si è inteso ampliarne la portata al rito ordinario.
Applicabile su richiesta dell'interessato o di suo procuratore speciale, svolge innanzitutto una funzione di riparazione sociale e individuale del torto connesso alla consumazione del reato: a riprova di ciò vi è la tensione dell'istituto verso l'eliminazione, ove possibile, delle conseguenze dannose del reato.
In seconda battuta, la scelta di estendere anche ai procedimenti a caico dei maggiorenni l'istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, riposa anche sulle naturali ricadute deflattive di un sistema viceversa in difficoltà qual è quello della giustizia penale.
L'ammissione al rito - assolutamente premiale in quanto, in caso di esito positivo del programma di messa alla prova, si determina l'estinzione del reato - può essere chiesta sia nella fase procedimentale che processuale, sino al momento dell'apertura del dibattimento (in caso di giudizio immediato, entro 15 giorni dalla notifica del decreto), dall'interessato o da suo procuratore speciale, corredata di un programma di trattamento elaborato dall'Ufficio esecuzione penale esterna competente per territorio, ovvero da un'istanza rivolta al medesimo Ufficio e finalizzata alla sua elaborazione.
I reati interessati all'istituto, ed estinguibili pertanto mediante un proficuo svolgimento del programma di trattamento elaborato dall'U.e.p.e., sono quelli di minor disvalore sociale, per i quali il codice di rito prevede la citazione diretta a giudizio ai sensi dell'art. 550 c.p.p.: ossia i reati per cui è prevista una pena edittale massima di quattro anni di pena detentiva ovvero quelli - derogatorî rispetto a tale limite - specificamente indicati dal comma 2 della suddetta disposizione.
All'insorgenza di dubbî interpretativi in ordine alla possibilità di ammissione all'istituto nei casi di delitti che, in virtù di circostanze aggravanti contestate, presentassero limiti di pena massima superiori a quelli per cui è possibile la citazione diretta a giudizio (si pensi ad es. al delitto di lesioni dolose), ovvero nei casi di altri istituti che possono mutare la conrnice edittale in cui il giudicante è chiamato ad operare (si pensi al tentativo o alla continuazione) hanno posto rimedio le Sezioni Unite. Il Supremo Consesso (Cass., SS.UU., 31.03.2016, dep. 0.09.2016, Sorcinelli) aderendo all'orientamento che ha optato per l'estensione dell'ambito applicativo della messa alla prova, ha statuito che, anche in ragione del mancato riferimento da parte della lettera della legge agli accidentalia delicti, ai fini della individuazione dei reati per i quali è ammessa la sospensione del procedimento con messa alla prova, occorre avere riguardo esclusivamente alla pena edittale massima prevista per la fattispecie base, prescindendo dalla contestazione delle circostanze aggravanti, ivi comprese quelle per le quali la legge prevede una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale.
Non può essere ammesso all'istituto chi è stato dichiarato delinquente o contravventore abituale, professionale o per tendenza, ovvero colui al quale sia stato già concesso e poi revocato, ovvero colui al quale sia stato concesso con esito negativo: ipotesi, tutte queste considerate, cui è sottesa, rispettivamente, in radice (per i tipi di delinquente) o nel caso concreto (per la revoca e l'esito negativo) una valutazione di immeritevolezza delle opportunità offerte con l'accesso originario o ulteriore all'istituto.
Non è in sé escluso dalla concessione della sospensione del procedimento con messa alla prova chi è stato dichiarato recidivo, né è previsto che l'interessato per accedere all'istituto debba ammettere le proprie responsabilità.
Una volta presentata rituale istanza, il giudice procede alla sua valutazione nel corso della stessa udienza (salvo rinvio in attesa dell'elaborazione del programma) ovvero in un’udienza camerale della quale deve essere dato avviso alle parti e alla persona offesa per garantire il contraddittorio.
Il giudice, che può disporre la comparizione dell'interessato per verificare la volontarietà della richiesta, oltre a valutare il rispetto dei requisiti formali e le condizioni oggettive e soggettive di applicabilità, valuta anche che non risulti dagli atti la sussistenza di una causa di proscioglimento.
Ove superi tale controllo "preliminare", la valutazione deve investire il programma predisposto, la sua individualizzazione e la sua idoneità con riferimento al caso concreto, attingendo ai criteri indicati dall'art. 133 c.p., formulando altresì un necessario giudizio prognostico di futura astensione dell'imputato dalla commissione di ulteriori reati.
Ai fini della valutazione il giudice utilizza gli atti contenuti nel fascicolo a sua disposizione nella fase del processo in cui si trova, quanto prodotto dall’interessato e dall'Ufficio esecuzione penale esterna nel corso delle indagini socio familiari e delle relative valutazioni, nonché i risultati degli accertamenti eventualmente disposti d’ufficio.
Qualora ritenga che non ricorrano i presupposti emette un'ordinanza reiettiva, ritenuta impugnabile unitamente alla sentenza.
Qualora invece ritenga che ricorrano tutti i presupposti, emette un'ordinanza ammissiva, che viene iscritta nel casellario giudiziale ai sensi dell’art. 3, lett. I-bis) del D.P.R. 14.11.2002 n. 313, con la quale dispone la sospensione del processo per un periodo che non può essere superiore a un anno quando si tratti di reati puniti con pena pecuniaria, due anni quando si tratti di reati puniti con pena detentiva.
In concreto la messa alla prova si sostanzia nello svolgimento degli impegni indicati nel programma di prova predisposto dall'indagato/imputato di concerto con l’ufficio esecuzione penale esterna competente, che conserva un ruolo di primo piano nel controllo del suo svolgimento, redigendo all'occorrenza relazioni periodiche, una finale nonché farsi promotore di verifiche, nodifiche, abbreviazioni e persino della revoca della misura.
L’art. 168-bis c.p. prevede che la messa alla prova comporti la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato: questo, ovviamente, sempre che il reato, strutturalmente e nel caso concreto, abbia delle conseguenze nei termini indicati. Nella stessa ottica va valutata la possibilità di condotte volte a promuovere la mediazione con la persona offesa (art. 464-bis, comma 4, lett. c) qualora la stessa sia disponibile a intraprendere il percorso di mediazione con l’imputato.
Mentre dalla lettura della norma si evince come l'eliminazione delle conseguenze dannose vada di pari passo con lo svolgimento del programma, molti tribunali hanno adottato la prassi, non ortodossa, di chiedere prova dell'avvenuto risarcimento del danno quale condizione di ammissione all'istituto.
Se la prassi ha sicuramente finalità semplificative ed acceleratorie in ordine alla composizione soprattutto dei casi di microconflittualità privata, appare poco rispettosa del dettato normativo e può condurre anche a storture che possono snaturare l'istituto stesso.
L’affidamento dell’imputato al servizio sociale è il fulcro dell'istituto, che comporta lo svolgimento di un programma che può implicare attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali.
Il volontariato di rilievo sociale, vera e propria condizione dell'istituto, consiste in lavoro di pubblica utilità ovvero (art. 168-bis, comma 3, c.p.) in una prestazione non retribuita in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni, le aziende sanitarie o presso enti od organizzazioni, anche internazionali, che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato, e non deve pregiudicare le esigenze di studio, lavoro, famiglia e salute dell’imputato.
Al termine del periodo di prova, l’ufficio esecuzione penale esterna trasmette al giudice una relazione dettagliata che sarà valutata dal giudice nel contraddittorio delle parti.
Qualora ritenga che la prova abbia conseguito i risultati prefissati, pronuncia sentenza con la quale dichiara il reato estinto, rinviando all'autorità amministrativa per le valutazioni in ordine alle sanzioni amministrative accessorie (come ad esempio la sospensione della patente di guida nel caso di guida in stato d'ebrezza).
Qualora l’esito della prova sia invece negativo, il giudice dispone con ordinanza non impugnabile (art. 464, comma 2-septies, c.p.p.) che il processo riprenda il suo corso dalla fase in cui è intervenuta la sospensione.
Nel caso oggetto dell'ordinanza di seguito pubblicata, si assiste ad una corretta delibazione effettuata dal Giudice monocratico del Tribunale di Brescia in merito alla susistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi di applicazione dell'istituto.
Se da un lato è stata disattesa la questione posta dal Pubblico Ministero circa la natura di reato autonomo della fattispecia aggravata dell'art. 590 bis c.p. (ostandovi il chiaro disposto della lett. e-bis del comma 2 dell'art. 550 c.p., al tempo stesso il Giudice, attingendo al proprio patrimonio conoscitivo di fase ha ritenuto l'imputato immeritevole di accedere alla sospensione del procedimento risolvendo in senso negativo, per lo stesso, il giudizio prognostico di futura astensione dalla commissione di illeciti, anche specifici.
Per giungere a ciò non ha solamente valorizzato la condotta serbata nel caso concreto (l'essersi posto alla guida in stato di ebrezza e con patente scaduta, cagionando lesioni gravissime a danno di minore a seguito di incidente stradale), ma anche la presenza di un precedente sempre per reati stradali (guida in stato di ebrezza) estinto per svolgimento positivo dei lavori di pubblica utilità previsti dal comma 9 bis dell'art. 186 Decreto Legislativo 30 aprile 1992 n. 285 (Codice della Strada).
Trattasi di interpretazione coerente con il dato normativo che prevede l'iscrizione nel casellario giudiziale delle pronunce di sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 186 cod. strada che sia stato dichiarato estinto ex art. 186, comma 9-bis,, cod. strada per positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, nonché con le perplessità di conformità costituzionale sollevate dalla Suprema Corte (Sez. I, ordinanza, 19 aprile 2019 (ud. 7 marzo 2019), n. 17270) circa la mancata previsione negli artt. 24 comma 1 e 25 comma 1 del dpr 14 novembre 2002, n. 313 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti) dell'obbligo di iscrizione delle stesse anche nel certificato generale e nel certificato penale del casellario giudiziale richiesti dall’interessato.
876/19 R.G. Trib
3185/18 R.G.N.R.
Tribunale di Brescia 2^ sezione penale
ordinanza ex art. 464 quater c.p.p. -
Il Giudice, dott. Marco Vommaro,
vista la richiesta di messa alla prova avanzata dal difensore munito di procura speciale nell’interesse di P.O., presente, n. a XXX il XX/XX/XXXX, imputato del reato di cui all’art. 590 bis c.p., lesioni colpose stradali gravissime, in danno di A.N., aggravate dalla guida in stato di ebbrezza alcolica e non munita di patente di guida (giacché scaduta a seguito di rinnovo breve successivo ad una sospensione per guida in stato di ebbrezza), reato oggetto del procedimento in epigrafe indicato; rilevato che l’istanza è stata tempestivamente proposta;
raccolto il parere negativo del Pubblico Ministero, in virtù del precedente giudiziale e altresì dubitando della ricomprensione del delitto contestato nell’elenco di cui all’alt. 550 c.p.p., in quanto fattispecie autonoma di reato;
ritenuto che, in astratto, l’istituto in parola sarebbe compatibile con il delitto contestato, in quanto rientrante nell’elenco di cui all’alt. 550 c.p.p. (reati procedibili a citazione diretta);
osservato che, dall’altro lato, non può tralasciarsi che la ratio dell’istituto è quella di attagliarsi ai delitti di esiguo disvalore sociale, alla luce dei limiti edittali (massimo quattro anni di pena detentiva) sanciti per i reati diversi da quelli elencati nella succitata norma, mentre il delitto contestato all’imputato, fattispecie autonoma, è punito dai quattro ai sette anni di reclusione, laddove aggravato nelle forme di cui in contestazione;
considerato, poi, che l’istanza di rinvio finalizzata alla successiva sospensione del procedimento con messa alla prova impone una valutazione positiva circa la futura astensione dalla commissione di ulteriori reati, alla luce dei requisiti di cui all’art. 133 c.p.p., e che, nel caso di specie, con precipuo riferimento alla personalità dell’imputato desumibile dai precedenti penali ed alle sue condizioni di vita, dal casellario giudiziale in atti emerge che il predetto è gravato da precedente per guida in stato di ebbrezza, per fatto commesso il 21/12/2014, estinto con lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità;
ritenuto che tale precedente, seppur contravvenzionale, debba essere vagliato con riferimento alla tipologia di delitto ivi contestato, giustappunto di lesioni colpose stradali gravissime, cagionate con guida in stato di ebbrezza (oltre che in difetto del possesso di patente di guida valida) e, di conseguenza, osta ad assicurare che il P., in futuro, non possa replicare condotte analoghe a quelle oggi in giudizio, non tanto con
riferimento al cagionare colposamente eventi lesivi, quanto all’apporsi alla guida in condizioni tali da porre in pericolo i consociati;
P.Q.M.
Rigetta l’istanza e dispone procedersi oltre.
Si dà atto che la presente ordinanza è stata letta all’udienza del 08/11/2019 alla presenza delle parti.
Brescia, 08/11/2019.
Il Giudice Dott. Marco Vommaro
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