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Avv. Stefano Paloschi

Allontanamento dal luogo di affidamento in prova ordinario o terapeutico non è evasione

Il soggetto sottoposto ad affidamento "particolare" ai sensi dell'art. 94 D.P.R. 309/90 che si allontani dal luogo di esecuzione della misura alternativa non commette il reato di cui all'art. 385 c.p. e l'eventuale arresto in flagranza è illegittimo


La legge penale non ammette interpretazione analogica, e solo eccezionalmente (ed in bonam partem), di fronte ad evidenti lacune normative, è consentita l'applicazione di istituti ispirati da una eadem ratio.

Così non è certamente per le norme incriminatrici, che sono sottoposte al principio di ferrea interpretazione del dato letterale, non potendo l'interprete ampliarne la portata applicativa.

Nel caso di specie, il prevenuto si trovava sottoposto alla misura alternativa alla detenzione dell'affidamento c.d. "particolare", disciplinato dall'art. 94 D.P.R. 309/90, con collocamento presso una comunità ove stava seguendo un programma terapeutico.

Allontanatosi, era stato poi tratto in arresto per il delitto di evasione, disciplinato dall'art. 385 c.p.

All'udienza ex art. 391 c.p.p. il Giudice, nonostante l'opposizione difensiva, convalidava l'arresto.

Avverso tale ordinanza veniva proposto ricorso per Cassazione che veniva accolto, con annullamento dell'ordinanza impugnata.



La ferrea logica della sentenza in commento evidenzia come l’articolo 385 c.p. sanzioni “chiunque, essendo legalmente arrestato o detenuto per un reato, evade”, ed al comma 3 disponga che “le disposizioni precedenti si applicano anche all’imputato che essendo in stato di arresto nella propria abitazione o in altro luogo designato nel provvedimento se ne allontani, nonché al condannato ammesso a lavorare fuori dello stabilimento penale”; richiami alla disposizione codicistica sono rinvenibili anche nella legislazione speciale, ricomprendendo nell'ambito d'applicazione della norma anche la condotta di colui che si allontani dal luogo d'esecuzione degli arresti domiciliari o da un altro luogo indicato dal provvedimento del giudice, oppure il detenuto che si allontani dal presidio sanitario dove si trova momentaneamente per ragioni di diagnosi e cura (articolo 11, comma 6, l. 354/75). Altrettanto vale per permessi premio, detenzione domiciliare, detenzione domiciliare speciale, semilibertà (articoli 30, 47-ter, 47-sexies e 51 l. 354/75).

Così prevede pure la riforma Cartabia di prossima entrata in vigore: risponde di evasione il condannato alla pena sostitutiva della semilibertà o della detenzione domiciliare che si allontana senza motivo per più di dodici ore dal carcere o dal luogo deputato.

Nulla il legislatore dice, invece, a proposito dell'affidamento in prova al servizio sociale di cui all'art. 47 ord. pen. e tantomeno a proposito del c.d. affidamento terapeutico disciplinato dall'art. 94 d.P.R. n. 309 del 309.

Tale silenzio, per gli ermellini, pare rispondere ad una precisa scelta legislativa, legata alla natura dell'affidamento, da cui esula ogni finalità punitiva e/o di controllo sociale.

È pertanto perfettamente logico e coerente che non integri il delitto di evasione la violazione delle prescrizioni inerenti all'esecuzione dell'affidamento in prova ad una comunità terapeutica da parte del condannato tossicodipendente, bensì comporti soltanto la revoca della misura, come, d'altronde, già riconosciuto — sebbene con riferimento al solo affidamento in prova al servizio sociale — dalla giurisprudenza della Suprema Corte (Sez. 6, n. 34713 del 05/07/2006, Castellari, Rv. 234781; Sez. 1, n. 19171 del 10/04/2008, Miccoli, Rv. 240179).


 

Corte di Cassazione

Sezione VI Penale

Num. 46227 Anno 2022

Presidente: CAPOZZI ANGELO

Relatore: DI GIOVINE OMBRETTA

Data Udienza: 04/11/2022

ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


sul ricorso proposto da

M.S., nato a Brescia il 21/04/1976


avverso l'ordinanza del 26/07/2022 del Tribunale di Brescia


visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;

udita la relazione del consigliere Ombretta Di Giovine;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giuseppina Casella, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.


RITENUTO IN FATTO


1. L'ordinanza in epigrafe ha convalidato l'arresto di S.M. per il delitto di evasione, in quanto, sottoposto alla misura alternativa dell'affidamento in prova provvisorio in casi particolari ex art. 94, comma 3, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 presso una comunità terapeutica, si allontanava dal luogo di detenzione.

2. Avverso l'ordinanza l'arrestato, per il tramite del suo difensore, avv. Stefano Paloschi, presenta un unico motivo di ricorso in cui lamenta violazione della legge penale, sostenendo che il delitto di evasione (art. 385 cod. pen.) non trova applicazione nel caso di affidamento in prova, come in regime ordinario, così in regime terapeutico.

3. Il procedimento si è svolto con trattazione scritta, ai sensi dell'art. 23, comma 8, del dl. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla I. 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modd.


CONSIDERATO IN DIRITTO


1. Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.

2. Premesso che l'art. 385 cod. pen., a mente del quale «chiunque, essendo legalmente arrestato o detenuto per un reato, evade», al comma 3 dispone che «le disposizioni precedenti si applicano anche all'imputato che essendo in stato di arresto nella propria abitazione o in altro luogo designato nel provvedimento se ne allontani, nonché al condannato ammesso a lavorare fuori dello stabilimento penale», richiami alla disposizione codicistica sono rinvenibili anche nella legislazione speciale.

Tanto accade, ad esempio, con riferimento alla violazione di alcune disposizioni dell'ordinamento penitenziario (I. n. 354 del 1975), come: l'art. 11, comma 6, in relazione all'allontanamento del detenuto dal presidio sanitario cui sia stato momentaneamente affidato per ragioni di diagnosi e/o cura; l'art. 30, in tema di permessi premio; l'art. 47-ter, comma 8, per la detenzione domiciliare; l'art. 47-sexies, in rapporto alla detenzione domiciliare speciale; l'art. 51, con riferimento alla semilibertà.

In tal senso si è orientato, inoltre, il legislatore della c.d. riforma Cartabia in relazione ad alcune pene sostitutive (si allude al testo, non ancora in vigore, del nuovo art. 72 I. 689 del 1981 che, sotto la rubrica "Ipotesi di responsabilità penale e revoca", ha previsto: «il condannato alla pena sostitutiva della semilibertà o della detenzione domiciliare che per più di dodici ore, senza giustificato motivo, rimane assente dall'istituto di pena ovvero si allontana da uno dei luoghi indicati nell'articolo 56 è punito ai sensi del primo comma dell'articolo 385 del codice penale. Si applica la disposizione del quarto comma dell'articolo 385 del codice penale»).

Nulla il legislatore dice, invece, a proposito dell'affidamento in prova al servizio sociale di cui all'art. 47 ord. pen. e tantomeno a proposito del c.d. affidamento terapeutico disciplinato dall'art. 94 d.P.R. n. 309 del 309.

Se ne deve desumere che, nel caso di sottrazione alla esecuzione delle misure di affidamento in prova o alle relative prescrizioni, non è possibile estendere la punizione a titolo di evasione.

Ad opinare diversamente, sarebbe forse improprio invocare una violazione del divieto di analogia in materia penale.

A ben guardare, non si ravvisa, infatti, quella lacuna legislativa che rappresenta (insieme alla eadem ratio) uno dei presupposti dell'integrazione analogica. Il silenzio sul punto della sottrazione alle misure in oggetto, lungi dall'apparire frutto di dimenticanza, sembra piuttosto rispondere ad una precisa scelta legislativa, legata alla natura dell'affidamento, da cui esula ogni finalità punitiva e/o di controllo sociale.

Proprio per tale ragione, tuttavia, si opererebbe di certo in palese contrasto con il principio di tassatività penale (lex ubi voluit dixit, ubi noluit tacuit). Sicché, in conclusione, risulta coerente che la violazione delle prescrizioni inerenti alla esecuzione dell'affidamento in prova ad una comunità terapeutica del condannato tossicodipendente comporti soltanto la revoca della misura, come, d'altronde, già riconosciuto — sebbene con riferimento al solo affidamento in prova al servizio sociale — dalla giurisprudenza di questa Corte (Sez. 6, n. 34713 del 05/07/2006, Castellari, Rv. 234781; Sez. 1, n. 19171 del 10/04/2008, Miccoli, Rv. 240179).

3. Per le ragioni esposte, l'arresto non poteva essere eseguito e l'ordinanza impugnata va, dunque, annullata senza rinvio.


P.Q.M.


Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata perché l'arresto non è stato legittimamente eseguito.


Così deciso il 04/11/2022


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